A cura di Pietro Marchetti, Coordinatore Regionale sezione Emilia-Romagna, A.I.MAN.
Qualche giorno fa mi trovavo a fare una lezione a un corso ITS. Mi piace confrontarmi con i giovani, trasmettere loro la mia esperienza e riceverne in cambio il loro punto di vista, sicuramente più moderno del mio. Nel corso di questa lezione, molto partecipata, tutta incentrata sull’industria 4.0 siamo entrati nel discorso della manutenzione e ho visto in questi ragazzi un interesse particolare per l’argomento.
Quando parlavo di tecniche di produzione erano interessati, ma non avendo esperienze in ambito aziendale non riuscivano a immedesimarsi nelle circostanze. Ma ho notato che, quando il discorso si è spostato verso la manutenzione l’interesse medio alla lezione è salito.
Ho fatto qualche domanda e ho scoperto che tutti avevano chiaro il concetto di manutenzione e ciò che sta alla sua base. Quando si parla di manutenzione tutti pensano alla manutenzione della propria automobile, quello che tutti chiamano fare il tagliando. Quindi, è stato molto facile collegare il mio discorso alla loro esperienza.
Alcuni, poi, hanno un concetto di manutenzione ancora più ampio che parte dalla manutenzione delle case per poi arrivare a quella delle infrastrutture di qualunque tipo siano. Vedendo la loro competenza e la loro preparazione sul campo mi sono un po’ lasciato prendere la mano e ho deviato il discorso sul tema manutentivo vedendo, tra l’altro, un grande interesse da parte loro.
Partendo dai vari tipi di manutenzione che si possono fare alle automobili mi è stato facile introdurre i concetti base della manutenzione: preventiva, predittiva, su condizione e a guasto e durante questa trattazione l’attenzione della platea è salita di molto.
Mi sono lasciato, poi, andare a un excursus sulla storia della manutenzione partendo dal racconto di quando i manutentori appoggiavano un giravite su un motore elettrico all’altezza del cuscinetto e poi appoggiavano l’orecchio al manico del giravite: interpretando il rumore che sentivano riuscivano a capire lo stato di usura dei cuscinetti. All’inizio non ci credevano, poi ho spiegato quali sono i fenomeni che sono alla base dell’usura dei cuscinetti e come questi si deteriorano e si sono convinti.
Da lì, poi, è stato un susseguirsi di aneddoti e ricordi.
Il primo misuratore di vibrazioni che acquistai: una specie di grande pennarello da appoggiare sul pezzo con l’accortezza di tenerlo sempre accostato con la stessa pressione per non falsare le letture.
I primi sensori da applicare direttamente sui pezzi, costosissimi sia come acquisto che come installazione dal momento che andavano cablati per garantire loro l’alimentazione elettrica e il collegamento alla rete.
Per finire con gli ultimi sensori wireless a batteria che comunicano direttamente con un computer che raccoglie i dati e li elabora per poi dare informazioni direttamente al gestionale di manutenzione o addirittura allertare direttamente il manutentore.
Devo dire che questa trattazione ha avuto un buon effetto sulla mia platea e quella che era una lezione mediamente partecipata è diventata una lezione davvero viva.
I ragazzi hanno iniziato a farmi domande e a incalzarmi con mia grande soddisfazione. Ho approfondito, ho dato spiegazioni tecniche e scientifiche, ho fatto esempi e molto altro per soddisfare la loro sete di sapere. Le cose stavano andando nel migliore dei modi e mi sentivo particolarmente gratificato fino a che non è successa una cosa. I ragazzi, nella loro voglia di sapere e approfondire, hanno iniziato a chiedermi qual è lo stato medio della manutenzione nelle aziende italiane.
Per come avevo parlato loro della manutenzione si erano convinti che il manutentore fosse una specie di supereroe in camice bianco che passa buona parte del suo tempo in una sala di controllo elaborando i dati che gli arrivano dal campo e programmando gli interventi un’ora prima che si verifichi il guasto o la rottura. Del resto, fino a cinque minuti prima gli avevo detto che tutto ciò è possibile, che esiste la tecnologia per farlo, che questa tecnologia ha dei costi accessibili e che una manutenzione ben fatta ha delle ripercussioni positive in tutti i sensi. Perchè non dovevano pensare che tutte le aziende hanno una manutenzione 4.0?
E lì ho dovuto dire la verità. È vero che ci sono delle aziende particolarmente virtuose in cui la manutenzione è già di tipo 4.0, ma nella maggior parte dei casi la manutenzione è ancora in una via di mezzo tra la seconda e la terza rivoluzione industriale. Capita ancora spesso di vedere nelle nostre aziende manutentori presi in operazioni di “pompieraggio” che corrono trafelati da una macchina rotta ad un’altra. La manutenzione a guasto, che doveva essere una remota ipotesi, continua a occupare la gran parte della vita lavorativa dei manutentori.
La mia aula che fino a quel momento era stata brulicante di commenti si è zittita improvvisamente e gli occhi di tutti gli studenti hanno assunto un’espressione interrogativa. Fino a che uno di loro mi ha chiesto: “Ma scusi, se una buona manutenzione ha tutti i benefici che ci dice, perchè non la fanno tutte le aziende?”
Tra questa domanda e la mia risposta c’è stato qualche attimo di silenzio totale e veramente imbarazzante. Anche perchè per un attimo me la sono fatta anche io. Di certo non è una spiegazione facile da dare, specialmente a persone che non sono avvezze a certe dinamiche aziendali. Per un attimo le mie certezze sono crollate e mi sono sentito uno dei tanti che predica bene e razzola male. Ho cercato di mettere insieme una spiegazione più o meno
credibile, spiegando che la cultura della manutenzione, purtroppo, è ancora una cultura di nicchia. E in effetti questo è vero, il nostro management, in molti casi, non ha una vera cultura manutentiva. Leggete il programma di un qualsiasi MBA: di tutto si parla tranne che di manutenzione. O nel caso in cui se ne parli, lo si fa in termini molto descrittivi, poco si spiega su come una buona manutenzione possa incidere positivamente sugli utili dell’azienda. Dopo questa discussione il corso è ripreso regolarmente e devo dire che mi ha dato molta soddisfazione. Mi è rimasto soltanto un po’ di amaro in bocca per non essere riuscito a spiegare a quei ragazzi come mai molte aziende, in un mondo ormai 4.0, non investono in manutenzione. E voi che leggete questo articolo cosa avreste risposto a quei ragazzi? Io mi prendo un mese per pensarci e nel prossimo numero vi dirò a quali conclusioni sono arrivato.