L’evoluzione futura delle competenze in manutenzione

La necessità di riaffermare la centralità dell’”Asset Persona” in un epoca di cambiamenti tecnologici e nuove sfide aziendali

  • Novembre 11, 2019
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    L’evoluzione futura delle competenze in manutenzione

Obiettivo del presente editoriale è di portare, in accordo con il tema del mese, una riflessione sull’evoluzione delle competenze in Manutenzione, tenendo in considerazione le esigenze correnti e le prospettive che si possono pensare oggi per il futuro. Le Persone sono infatti un Asset fondamentale su cui investire a lungo termine, anche e soprattutto in un’epoca di cambiamenti portati dallo sviluppo tecnologico e dalle nuove sfide del contesto in cui l’azienda opera.

Il futuro richiede capacità tecniche di “fare” manutenzione in sistemi tecnologicamente più complessi, in risposta alle esigenze dei nuovi impianti e delle nuove infrastrutture nell’era della digitalizzazione dei processi industriali.

D’altronde, il futuro presuppone capacità ingegneristiche e manageriali che sono fondamentali per prendere decisioni orientate anche al “non fare” manutenzione. Le maggiori informazioni disponibili con le nuove tecnologie sono un’opportunità in tal senso, per programmare interventi in maniera più rispondente ai requisiti degli Asset industriali dettati dall’effettivo utilizzo e dal degrado osservato, con l’obiettivo ultimo di ottimizzarne le prestazioni assicurando nel contempo il Total Cost of Ownership (TCO). Invero, questa affermazione nasconde la mia attuale convinzione sull’essere smart in manutenzione attraverso una gestione oculata, in fase di decision-making (i.e., presa delle decisioni), dei trade-off associati al “fare” o “non fare” la manutenzione.

La capacità di essere smart è fondata sullo sviluppo di sistemi di supporto alle decisioni in cui le Persone sono al centro come Asset fondamentale per la gestione dell’impianto o dell’infrastruttura smart. Le Persone non sono però gli unici Asset; diventano altrettanto importantialtri Asset, di natura intangibile, come i dati e il loro contributo ai processi che ne richiedono la fruizione per il decision-making.

Per rimarcare questo aspetto, posso tracciare un modello concettuale, che propongo per questo editoriale, costruito su una triade di Asset “chiave”, vale a dire:

Asset Fisici, cioè gli impianti e le infrastrutture, Asset Intangibili, cioè i dati generati dagli Asset Fisici e gestiti per supportare i processi e le decisioni, Asset Persone, comprendendo il personale che ricopre sia ruoli operativi sia ruoli manageriali.

Per arrivare alla generazione di valore dagli Asset Intangibili, crescono in misura determinante le componenti software implementate su componenti hardware di varia natura: frutto disciplinare di tecnologie diverse (i.e., tecnologie dell’automazione industriale, dell’informazione e della comunicazione), tali componenti portano a maggiori potenzialità di calcolo espresse in accordo a varie dimensioni e terminologie (i.e., dall’edge al cloud computing, dagli smart sensors ai digital twins ecc...). In questo contesto evolutivo, diventa importante una corrispondente crescita della componente metodologica, per la corretta ingegnerizzazione della gestione e del trattamento dei dati ai fini della decisione.

Il tutto deve garantire lo sviluppo e l’uso consapevole di sistemi tecnologicamente avanzati nei quali si dà centralità all’organizzazione del lavoro, con un impiego bilanciato del lavoro cognitivo e del lavoro manuale. In altri termini, nella triade prima citata, oggi bisogna lavorare con un’attenzione particolare e contestuale sia sui Dati sia sulle Persone, abilitando entrambi gli Asset in una co-evoluzione per essere in grado di realizzare una gestione competitiva degli Asset Fisici (alias Asset Industriali).

Non nascondo che questa è una vision ideale che può non trovare pieni riscontri nell’attuale maturazione del processo manutentivo verso una gestione digitalizzata degli asset industriali.

Tuttavia, non si può negare un trend in questa direzione, per effetto delle spinte ormai innegabili verso la fabbrica e l’infrastruttura del futuro.

Di più, non si può negare che questo periodo storico sia sicuramente intriso di cambiamenti e, quindi, anche di incertezze, naturalmente connesse ad inerzie proprie del processo di trasformazione ancora in corso. Non necessariamente tutte le funzioni aziendali riescono a seguire agilmente tali cambiamenti. Già solamente la consapevolezza di velocità assai elevate degli sviluppi tecnologici, di norma superiori rispetto alle velocità di cambiamento delle Persone nel modo di lavorare, è essenziale per governare il transitorio. È importante, quindi, agire per preparare in anticipo i Manager, gli Ingegneri e i Tecnici del Futuro, con competenze pensate per avere capacità di scegliere, di controllare e presidiare le nuove tecnologie e i nuovi Asset fisici, con una visione olistica in grado di rispondere nel lungo termine alle sfide competitive per sicurezza, sostenibilità ambientale, qualità ecc...

Non ci si può limitare, a mio parere, al manutentore vecchio stampo che pur ammiro per la capacità, dovuta alle sue conoscenze e abilità tecniche, di adattamento a risolvere i diversi problemi incorsi nel giorno per giorno in tempi molto rapidi. Bisogna, invece, pensare a sviluppare una logica organizzativa che sia fondata su una sostenibilità di lungo termine, e sulla gestione dei trade-off del “fare” e del “non fare” manutenzione. A questo scopo, nella mia vision, non vedo alternative ad un connubio di centralizzazione e di decentramento delle decisioni, per poter affrontare problemi a diversi gradi di complessità come quelli che ci aspettano nel futuro prossimo. Corrispondentemente, mi aspetterei che i ruoli operativi (es. nei gruppi base decentrati in un impianto o una parte di infrastruttura) debbano crescere in competenze per poter diventare più autonomi nelle decisioni, mentre i ruoli manageriali (es. l’ingegneria o il supervisore tecnico di un impianto) debbano essere in grado di contribuire all’impiego di soluzioni “amichevoli” e più confacenti alle necessità dei ruoli operativi, con sistemi di supporto alle decisioni capaci di fornire informazioni efficaci per l’ampiezza del controllo richiesto nella posizione decentrata.

La soluzione organizzativa è, quindi, un “ibrido” in cui la natura delle risorse umane impiegate non potrà che dipendere dalla dimensione organizzativa e dalla maturità del processo manutentivo di un’azienda. Penso, cioè, ad un’ovvia necessità di scelta di internalizzazione o esternalizzazione delle competenze, che diventa strategica per il modo di lavorare del futuro.

Non cambia il problema “classico” di scelta di insourcing versus outsourcing, cambiano però i fattori in gioco essendo una scelta che ha impatto, in un quadro complessivo di co-evoluzione, sulla gestione degli Asset Intangibili (Dati, Informazioni, Processi) e sulla gestione degli Asset Persone.

Esprimo, da ultimo, una provocazione finale, affermando che manca ancora una professionalità e, quindi, un ruolo organizzativo che sia capace di mediare tra le diverse esigenze nella gestione dei tre Asset della triade prima descritta: tale professionalità non è di ambito ICT o automazione, né di ambito operations o human resources; invece, è una figura che rappresenta tutte e tre le anime, in maniera congiunta. Per il senso stesso della sua professionalità, io lo definirei come un “architetto” capace di coniugare i cambiamenti in atto nelle tre dimensioni sistemiche legate agli Asset in gioco (sistemi di asset fisici, organizzazione di persone, sistemi di gestione dei dati e delle informazioni). Non penso che questa figura sia così diversa da un Asset manager, una figura professionale ancora scarsamente codificata nelle aziende come ruolo organizzativo, più presente nei sillabi dei corsi di formazione e dei documenti tecnici e scientifici dell’Asset Management. È però da intendersi come un Asset manager del futuro, ancora da formare compiutamente anche anticipando i trend in atto.

Concludo ricordando al lettore che queste sono solo riflessioni su uno scenario possibile sull’evoluzione delle competenze in Manutenzione.

Lungi dal me pensare che questo possa essere l’unico scenario possibile. Uso la conclusione di questo editoriale solamente per rimarcare l’opportunità, o meglio la necessità, di trattare l’evoluzione delle competenze in maniera non disgiunta da altre evoluzioni. Il tentativo di questo editoriale va in questa direzione, ed è un contributo che si unisce ad altri anche in logica di contradditorio. Sono certo che il tema delle competenze è infatti ampio e complesso.

Per questa ragione, ringrazio Francesco Gittarelli per aver coordinato il presente numero della rivista, nella convinzione che è importante dedicare sempre più spazio all’Asset Persona dopo aver parlato tanto di altri Asset come gli impianti, le infrastrutture, i dati, le informazioni e i processi ad essi associati.

 

Prof. Marco Macchi, Direttore Manutenzione T&M