Transizione tecnologica e manutenzione

La transizione tecnologica per l’esperienza che abbiamo in manutenzione è “sostenuta” da una mole di dati pazzesca e a suo modo “insostenibile”. Ciò conduce ad un futuro di algoritmi che ci aiutino a selezionare e raggruppare le informazioni t

  • Dicembre 22, 2022
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    Transizione tecnologica e manutenzione

Lo scorso numero della nostra rubrica abbiamo analizzato il fenomeno sotto l’aspetto formativo ora prendiamo in esame l’intelligenza artificiale, una metodica che qualcuno teme come il mostro che ci condannerà inesorabilmente al “Great Reset”.

L’uomo, se paragonato alle macchine, ha grandi qualità intellettuali e delle caratteristiche ineguagliabili una fra tutte: l’intuizione.

Secondo Carl Gustav Jung, “l'intuizione è un processo di intervento dell'inconscio con cui la mente riesce a percepire i modelli della realtà nascosti dietro i fatti”.

Le macchine per molto tempo sono state relegate in un rigido mondo materiale dominato dal pensiero razionale, l’unico che fin dagli albori della industrializzazione consentisse un utilizzo pratico delle macchine a sostegno delle attività umane.

Col tempo però molti scienziati si sono ingegnati a capire come dotare le macchine di una intelligenza propria. Intendendo con intelligenza la capacità di reagire a fatti nuovi e non previsti dallo schematico programma di caccia ai guasti (per esempio) utilizzato come fonte delle conoscenze.

Nel corso degli anni ’80 ci furono molte iniziative in manutenzione volte a progettare i cd “sistemi esperti”. Sistemi cioè che fossero in grado di superare il rigido determinismo delle formule.

In particolare, la manutenzione intelligente promossa da un progetto AFIM-ACTIM che seguii in Francia a partire dal 1985 con numerose iniziative incentrate sui sistemi esperti. La Francia, in Europa, era all’avanguardia in questo settore sospinta dalle industrie nucleari, le quali cancellata a “furor di popolo” la costruzione di nuovi impianti riversarono le loro conoscenze nella manutenzione.

L’incidente alla centrale elettronucleare Super-Phénix del 1987 portò infatti a fermare il reattore fiore all’occhiello della industria nucleare francese. Il quale a seguito di diversi altri incidenti fu definitivamente chiuso dieci anni più tardi e sarà completamente smantellato solo nel 2030.

Le iniziative sui sistemi esperti si moltiplicarono fino ad esaurirsi lentamente con l’inizio del nuovo secolo. Il problema era che allora mancavano sistemi efficienti per il trattamento della enorme mole di dati necessari a fornire previsioni attendibili sul comportamento delle macchine o anche solo sulla diagnosi di eventuali problemi incipienti.

Poi vennero l’IoT (Internet of Things) e Big Data, IPv6, nuove tecnologie per la comunicazione a basso livello fra le macchine, trasmissione di dati a larga banda e basso consumo, eccetera.

Riassumendo, l’intelligenza artificiale utilizzando queste nuove tecnologie abilitanti poté diventare uno strumento prezioso per analizzare i dati, capire il contesto e cercare nuove strategie. Per farlo, però, occorre integrare la capacità di “ragionamento e pianificazione” con quella di percezione immediata della realtà. Le macchine devono imparare dai nostri errori.

E qui torniamo alla citazione iniziale di Jung e dell’intuizione.

A complicare le cose ci sono due grossi ostacoli: la riservatezza (o privacy) e la sicurezza.

 

Entrambe possono limitare o annullare i vantaggi della intelligenza artificiale e delle soluzioni oggi consentite per il controllo remoto delle macchine, la tele manutenzione, la tele diagnosi, eccetera.

Malintenzionati possono infatti rubare i dati o utilizzarli a proprio vantaggio, o addirittura in pochissimo tempo mettere fuori combattimento le macchine interconnesse di una intera nazione.

Lasciamo questi argomenti a politici e filosofi, ma rimaniamo sintonizzati perché è un versante molto critico che va compiutamente risolto per consentire lo sviluppo delle tecnologie più avanzate.

In manutenzione la mole “pazzesca” di dati può essere elaborata da algoritmi che permettono agli “umani” di capire con ampio anticipo derive, malfunzionamenti, inefficienze e molte altre informazioni che provengono dalle macchine e che permettono l’estrema ottimizzazione dei sistemi.

Ancora non c’è una standardizzazione ma il mondo andrà in quella direzione. Basta vedere cosa sta accadendo nel comparto della domotica, quante iniziative sono state introdotte in questi ultimi 5-10 anni? Quanti fallimenti? Quanti successi? Come sono cambiate le nostre vite grazie all’automazione domestica e degli edifici industriali e commerciali?

La produzione manifatturiera e di processo fiore all’occhiello di un paese moderno come l’Italia, che non può certo vivere di solo turismo, possono trarre enormi vantaggi dalla intelligenza artificiale applicata ai dati di campo e supervisionata da opportuni algoritmi ed interfacce HMI (Human Machine Interface) che l’industria 4.0 ha iniziato a farci conoscere.

Se è vero che il mondo si sta orientando verso l’elettricità superando vari tipi di ostacoli che si sono messi sul cammino dei New Green Deal europeo e cinese. E ciò comporterà cambiamenti epocali in cosa produrre e nel modo di produrre. È altrettanto vero che l’elettricità è l’unica forma di energia pulita e producibile da chiunque senza fare ricorso a grandi infrastrutture di trasporto o di generazione.

Non per nulla lo stato italiano sta spingendo verso la creazione di comunità energetiche, le quali metteranno a disposizione di una comunità circoscritta una forma di energia pulita e distribuita mediante una rete locale senza fare ricorso a gigantesche centrali e ad enormi elettrodotti con relativa dispersione e alti costi di investimento. Un modello virtuoso di approvvigionamento energetico per i cittadini che promuove l’inclusività e l’uguaglianza. E una opportunità per le imprese.

Da un lato quindi l’impresa ha l’opportunità di trasformare i propri bisogni energetici riducendoli ad una sola fonte omogenea, pulita e illimitata come l’energia elettrica. Dall’altro avrà la possibilità di produrre in proprio l’energia necessaria ai suoi fabbisogni senza dipendere da forniture esterne.

Se a questo uniamo l’elaborazione di innumerevoli informazioni diagnostiche con opportuni algoritmi e rappresentazioni possiamo pensare ad un futuro dove risolte le ingerenze riguardanti riservatezza e sicurezza l’efficienza dominerà sovrana il mondo degli impianti e l’Ambiente, finalmente libero dagli effetti della rivoluzione industriale e dalle distorsioni antropiche, tornerà ad essere il protagonista della Natura come Jules Verne l’ha ipotizzata e come Dio l’ha creata.