Basta con l’accanimento terapeutico

Avvertenza: se siete facilmente impressionabili, vi consiglio di non leggere questo articolo, perché stavolta parliamo di morte... ma tranquilli: non la vostra, né la mia, bensì quella delle macchine che da anni stiamo condannando a una lenta agonia

  • Settembre 16, 2025
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  • Basta con l’accanimento terapeutico
    Basta con l’accanimento terapeutico

A cura di Pietro Marchetti, Coordinatore Regionale sezione Emilia-Romagna, A.I.MAN.

 

Sì, avete capito bene: accanimento terapeutico manutentivo, un’oscura pratica aziendale secondo la quale qualsiasi macchina, anche se fabbricata nel secolo scorso, deve essere tenuta in vita a tutti i costi. E noi, poveri manutentori, diventiamo anestesisti, infermieri, OSS e badanti allo stesso tempo. Altro che “Manutenzione 5.0”: questa è “Manutenzione dell’ospizio”. Dobbiamo capire che la vita eterna è un’illusione (almeno per gli asset). C’è sempre qualcuno che dice: “Ma dai, gira ancora!”. Gira? Sì, come la testa del manutentore dopo una notte a smontare componenti, soffiarli, pulirli e rimetterli, perché tanto di ricambi non ce ne sono. 
Lo chiamiamo intervento, ma in realtà è più un esorcismo.

I ricambi non esistono più. Il fornitore è fallito nel 2004. L’unico tecnico che la conosceva è andato in pensione ormai da anni. E noi? Noi mettiamo una pezza sulle pezze con l’unico strumento che non manca mai: la fede. Invece di accettare la realtà, le teniamo in vita tra spasmi e perdite d’olio finché non ci crollano addosso in un grido metallico di dolore: clank. E a quel punto tutti a urlare, tutti a cercare i colpevoli. Nessuno, però, che dica: “Forse era semplicemente arrivata la sua ora”. Ecco perché, oggi, faccio una proposta indecente, ma necessaria: lasciamo morire le nostre macchine con dignità. Basta con questo accanimento terapeutico! 

Facciamo tutti un esame di coscienza e troviamo la forza e il coraggio per ammettere che, ormai, non c’è più niente da fare. Fermiamoci cinque minuti a ricordare di quando era una macchina nuova, la più nuova della fabbrica, l’ultimo modello con tutti i più moderni contenuti tecnologici. Quando sfornava così tanti pezzi che i magazzinieri non riuscivano a starle dietro, quando la mostravamo orgogliosi a tutti i clienti in visita e tutti volevano lavorare nel reparto dove c’era lei. 
Oggi non è più così. È stata spostata in un capannone secondario, consuma più olio di una vecchia Giulia degli anni 70, è il terrore di ogni manutentore in turno e ogni volta che la si accende tutti fanno gli scongiuri. Ci si domanda cosa cederà questa volta. Abbiamo fatto tutto il possibile, non c’è più niente da fare. 

Facciamolo per lei, lasciamola uscire di scena con dignità. Facciamolo per noi, semplifichiamoci la vita a tutti i livelli. Ma soprattutto, facciamolo per l’ambiente!

E qui si arriva al punto serio: la sostenibilità non è solo usare meno plastica o piantare un albero ogni tanto. È anche fare scelte coraggiose come, ad esempio, smettere di investire ore-uomo, pezze e rabbia su macchine che non hanno più nulla da dire. È avere il coraggio di dire alla dirigenza: “No, questa non si ripara più. Si sostituisce.”

Dati alla mano, naturalmente:
- numero di fermi per rottura;
- ore di lavoro della manutenzione;
- spese in materiali di consumo per il suo ripristino;

Sommate questi numeri e confrontateli con il costo di una macchina nuova. Sostituire una macchina è più economico piuttosto che tenerla in vita con un accanimento terapeutico, checché ne pensino alcuni manager. Senza parlare, poi, delle conseguenze per l’ambiente: siamo sicuri di raccogliere e smaltire tutto l’olio che perde? Abbiamo idea di quanta energia spreca rispetto a una macchina nuova?

E mettiamoci anche le sigarette in più che fuma il manutentore ogni volta che deve mettere le mani su questa macchina irreparabile, ma che nonostante tutto deve rimettere in funzione lo stesso... tonnellate di CO2... Quindi sì, prepariamo i fazzoletti e il nostro vestito nero. Facciamo un bel funerale tecnico, con tanto di epitaffio da lasciare al suo posto: “Qui lavorò per oltre 40 anni la pressa 37, venuta a mancare alla soglia dei 10 milioni di colpi. Gli operai e i manutentori riconoscenti posero”.

E ora asciughiamoci le lacrime e iniziamo a preparare un buon piano di manutenzione per la nuova pressa appena installata. E magari, un giorno, anche noi manutentori potremo riposare... almeno nel fine settimana. 

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