Tutti quanti conosciamo queste due parole e il loro significato, normalmente le troviamo nel cosiddetto bugiardino, il foglietto illustrativo dei farmaci. Personalmente, non amo molto i medicinali e ogni volta che devo comprarne mi diverto a leggere tutti i loro effetti collaterali e mi si apre un mondo. Scopro, ad esempio, che un farmaco che abbassa la febbre può dare reazioni allergiche cutanee, sonnolenza, scompensi cardiaci, sbalzi d’umore e tanto altro ancora o, addirittura, che un antidolorifico può avere come effetto collaterale la cronicizzazione del dolore. Mediamente per un effetto benefico troviamo svariati effetti collaterali tutti rigorosamente indesiderabili.
Ho chiesto spiegazioni su questo fatto e mi hanno risposto che non è colpa del farmaco, che comunque ottiene il suo effetto, ma del fatto che spesso ci sono individui con allergie o predisposizioni che subiscono particolari effetti collaterali. Del resto, ci sono persone che mangiando delle fragole o delle ciliegie hanno reazioni allergiche, quindi, se anche un frutto che è una cosa del tutto naturale può avere effetti collaterali, a maggior ragione, un farmaco che è una cosa creata in laboratorio ne può avere.
Oggi siamo tutti abituati al fatto che ogni cosa buona può, se non addirittura deve, avere effetti collaterali e quasi nessuno ci fa più caso: il prezzo della benzina ormai alle stelle è un effetto collaterale degli sforzi che stiamo facendo per la pace in Ucraina.
Ma quando facciamo o programmiamo le nostre manutenzioni ci domandiamo se queste hanno effetti collaterali e, in caso di risposta affermativa, quali possono essere?
Nel nostro lavoro siamo abituati a buttare il cuore oltre l’ostacolo e dare tutto per farlo al meglio. Sono sicuro che dentro di noi siamo certi di operare per il bene, ma a volte ci ritroviamo a dover affrontare degli effetti collaterali che, come nel caso dei farmaci, ci provocano più problemi di quanti non ne abbiano risolti e ci troviamo in una situazione peggiore di quella da cui siamo partiti.
Faccio qualche esempio per chiarire questo concetto.
Il tipico esempio è quello della riparazione fatta male e in fretta che molti chiamano “manutenzione dello Svitol e nastro americano”: in buona sostanza tutte le volte che ci troviamo di fonte a un guasto e dobbiamo, a tutti i costi, far ripartire la macchina nel minor tempo possibile e senza disporre di ricambi. Lo Svitol (so che è un marchio registrato ma ormai è entrato nello slang del manutentore e indica tutti i prodotti di quel genere) e spesso il cannello servono per smontare mentre il nastro americano, due punti di saldatura e un po’ di frenafiletti servono per rimontare. Il beneficio è uno ed è importantissimo la produzione riparte immediatamente e a costo quasi zero. Gli effetti collaterali sono svariati.
Il primo riguarda la produzione: prima o poi il guasto si ripresenterà in maniera più seria e il fermo sarà sicuramente più lungo.
Il secondo riguarda la sicurezza: facciamo lavorare una macchina o un impianto non a norma, non sicuri, con i rischi che ne conseguono. Nel malaugurato caso in cui una persona si faccia male verranno a decadere tutte le garanzie e le coperture assicurative aprendo le porte al civile e al penale.
Il terzo ricade sul morale dei lavoratori, i quali capiscono che l’azienda non investe nella manutenzione e quindi nel futuro, creando così forti dubbi sulla stabilità del posto di lavoro e un malcontento diffuso che si espande e trova in queste riparazioni “Svitol e nastro americano” una facile dimostrazione di ogni teoria pessimista e complottista.
Il quarto effetto collaterale riguarda l’immagine che diamo all’esterno. Clienti, fornitori, consulenti e tutte le altre persone che visitano i nostri stabilimenti produttivi vedono bene i nostri accrocchi e perdono fiducia nelle nostre capacità.
L’esempio opposto è quello della manutenzione esagerata, la manutenzione che ci chiedono spesso i capireparto. Si tratta di una manutenzione che prevede la sostituzione ciclica di tutti i componenti soggetti a usura o con possibilità di guasto, in altre parole, ad ogni fermo linea la sostituzione di buona parte della componentistica della stessa.
L’unico effetto positivo è che le probabilità di guasto sono bassissime, del resto, i componenti sono quasi tutti nuovi.
Il primo effetto collaterale è di tipo economico e vede lievitare esponenzialmente i costi di manutenzione a fronte di indici che rimangono pressoché immutati.
Il secondo, anche in questo caso, riguarda il morale del personale che vede buttare pezzi e componenti ancora buoni perdendo fiducia nella capacità imprenditoriale della dirigenza.
Il terzo effetto collaterale è nei confronti dell’ambiente: ogni volta che sprechiamo risorse infliggiamo un colpo all’ambiente che, prima o poi, ci presenterà il conto.
A questo punto la domanda che si pone è: può esistere una manutenzione senza effetti collaterali?
La risposta è no.
Non mi soffermo a motivare questo “no”, richiederebbe troppo tempo, magari lo farò in uno dei miei prossimi pezzi.
Questo “no” più che una risposta, è un punto di partenza, per un nuovo punto di vista sulla manutenzione. Abbiamo sempre come focus l’asset integrity, ma se teniamo veramente all’integrità dei nostri asset dobbiamo fare in modo che gli effetti collaterali siano minori possibile, partendo dalle piccole cose e per questo non si può prescindere dalla competenza e dall’esperienza nell’affrontare il nostro lavoro.
La lubrificazione è alla base della manutenzione, ma una lubrificazione sbagliata, ad esempio, fatta usando un olio non adatto o mettendo troppo grasso ha effetti collaterali più marcati dei benefici che sortisce.
La manutenzione predittiva, specialmente nella sua versione 4.0, è fondamentale per un serio condition monitoring, ma registrare i dati di temperatura e vibrazione ed elaborarli ogni 3 secondi, forse, è un po’ troppo.
Una vite lasciata lenta può provocare nel tempo un guasto, ma se la vite la serriamo troppo e la spaniamo il guasto lo creiamo immediatamente.
Tre semplici esempi per dire che ogni piccola cosa che facciamo in manutenzione può avere effetti collaterali e che questi possono essere evitati solo con competenza ed esperienza che dovranno essere i punti fermi su cui basare il nostro lavoro.
A cura di Pietro Marchetti, Coordinatore Regionale sezione Emilia-Romagna, A.I.MAN.