L’importanza di una “Academy” interna

Una formazione interna, a costo zero, che permetta un ottimo e riuscito inserimento di tutte le nuove risorse

  • Marzo 21, 2022
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    L’importanza di una “Academy” interna

Inserimento di una nuova risorsa

In tanti anni di vita aziendale ho partecipato a molti processi di selezione del nuovo personale, sia per reparti manutentivi che per reparti produttivi. Solitamente l’iter è sempre il solito: si parte da come giustificare l’assunzione di una nuova risorsa. Questa è sempre la fase più critica, si deve combattere contro tutti i vari enti preposti che credono che la nuova risorsa sia del tutto inutile, anche a fronte di un pensionamento o un licenziamento. Per alcuni non serve assumere una nuova risorsa, ma si può riorganizzare il servizio ridistribuendo le mansioni e caricando ognuno un po’ di più… In generale, questa obiezione può essere valida ma si deve anche lasciare un minimo di margine atto a coprire gli eventuali imprevisti, come una lunga malattia o un licenziamento improvviso, senza che il servizio ne risenta.

Una volta dimostrata la necessità della nuova risorsa tramite mansionari, studi di tempi e metodi e altro, il tutto rigorosamente riportato in fogli excel comprensibili a tutti, si passa alla fase successiva: la scrittura di una job description che sia il più possibile affine a quella che è la figura cercata. Si inizia quindi a fare, più che una job description, un vero e proprio identikit, il più dettagliato possibile, per facilitare il lavoro dell’ufficio personale nella certezza che trovino proprio quello che cerchiamo. Titolo di studio con specializzazione e voto finale, anni di esperienza generica e anni di esperienza nel ruolo, hard skills e soft skills, altezza, peso, colore dei capelli e numero di scarpe.

Dopo qualche settimana, iniziano ad arrivare i vari curricula, li si legge attentamente e ci si accorge che si è fatto la job description di un “Maradona”, mentre i curricula arrivati riguardano, per la gran parte, portieri di prima categoria… Si cerca di far di necessità virtù e si prendono in considerazione i meno peggio.

Terminata la cernita, si inizia la fase dei colloqui. In questa fase la parola d’ordine è “fare la tara” poiché tutti quanti sono pronti a ingigantire le loro esperienze in funzione del ruolo per il quale si candidano: aver aiutato un manutentore a cambiare un motore elettrico diventa “esperienza in manutenzione elettromeccanica”, aver lavorato tre giorni in un reparto presse basta per definirsi attrezzista e così via.

Alla fine di tutto questo gran lavoro arriva il giorno dell’assunzione. Firma dei moduli, giro con la sicurezza, quattro chiacchiere con il responsabile di reparto e, in men che non si dica, inserimento in reparto in affiancamento, buttato lì come un gladiatore nel mezzo dell’arena. Il nuovo assunto si ritrova, quindi, in un reparto sconosciuto tra perfetti sconosciuti che lo squadrano come un extraterrestre e scommettono su quanto resisterà in quell’ambiente.

Non è proprio il modo migliore di iniziare un percorso lavorativo! A questo si aggiunge poi un “Lucignolo” che, dai tempi di Collodi, cerca sempre di traviare i bravi ragazzi. Nella fattispecie è un tipo che nessuno sa davvero come si chiami, ma che tutti chiamano con un soprannome come “Fuliggine” o “Morchia” o qualcosa di simile.

Fuliggine si avvicina al nuovo assunto e lo prende sotto la sua ala protettiva, spiegandogli in breve quanto abbia sbagliato a venire a lavorare in questa azienda, quanto questa azienda meriti poco e tutti i trucchetti per tirare avanti fino alla pensione con il minimo sforzo, ma con la massima resa.

Così facendo anche questo nuovo assunto, dopo un anno al massimo, o fuggirà o si adatterà ai metodi di Fuliggine. L’errore sta tutto nel fare un gran lavoro a monte dell’assunzione e non fare nulla a valle per instradare la nuova risorsa nella sua attività lavorativa, lasciando così che disperda il suo entusiasmo e trasformi la sua energia in scontento.

I vantaggi di una Academy interna

L’alternativa a tutto ciò è una Academy interna realizzata a costo zero che permetterà un ottimo inserimento della nuova risorsa. Dal punto di vista organizzativo, consiglio un primo periodo di sei mesi in manutenzione e altri sei mesi divisi, in parti uguali, nei vari reparti produttivi in cui è strutturata l'azienda. Sia in manutenzione che nei reparti si dovrà avere un primo periodo di affiancamento al caporeparto e il rimanente tempo operativo in reparto.

I primi sei mesi in manutenzione servono a dare al nuovo assunto una “cassetta degli attrezzi”, anzi due: una cassetta fisica, con dentro i suoi giravite e le sue chiavi, che si porterà dietro durante la sua esperienza lavorativa, e una immateriale, con una serie di tools tecnici che lo renderanno autonomo in tutti quei piccoli lavori di auomanutenzione che dovrà affrontare. La cosa che più conta, però, del periodo passato in manutenzione sarà l’imprinting che ogni nuovo assunto riceverà, un imprinting di tipo tecnico volto alla risoluzione dei problemi e all’eliminazione delle cause, un imprinting indirizzato alla conoscenza delle macchine e degli impianti produttivi, un imprinting teso a una visione 4.0.

Una volta terminata questa prima fase, diciamo manutentiva, si passerà ai vari reparti produttivi dell’azienda. La prima settimana dovrà essere in affiancamento al caporeparto, il quale dovrà spiegare alla nuova risorsa il processo produttivo del reparto da un punto di vista tecnico e tecnologico, soffermandosi sulle criticità che possono intervenire. Per il resto del tempo la risorsa sarà operativa in reparto.

Durante il periodo di Academy, consiglio anche di fare formazione base sulla lean production per mettere a disposizione dei partecipanti ulteriori strumenti, come il 5S o lo SMED o il TPM. Non serve chiamare consulenti esterni, anzi, in certi casi è controproducente, meglio proporre dei corsi tenuti da personale interno già formato che, oltre ad avere le nozioni teoriche, sarà in grado di fare esempi calati nella realtà aziendale.

L’ultimo suggerimento che mi sento di dare è quello di assegnare a ogni partecipante alla Academy un semplice incarico, da svolgere in autonomia, per poter riempire i momenti di mancato affiancamento e prendere, al contempo, confidenza con l’impianto. Esempi classici sono legati all’aggiornamento dei database o dei piani di manutenzione, inventari straordinari o il coordinamento di azioni di housekeeping straordinaria nei reparti.

Inserendo le risorse in questa maniera abbiamo a disposizione personale sicuramente più motivato. L’Academy è percepita come un percorso formativo, un investimento sulla persona con una buona conoscenza tecnica degli impianti e tecnologica di tutti i processi produttivi e con una mentalità aperta e proattiva.

Non è questa la persona che abbiamo sempre cercato?

In conclusione, una nota riguardo alla critica che più spesso mi viene rivolta quando parlo di questo tipo di Academy: la durata. In questo articolo ho ipotizzato la durata di un anno, ma questo non è un valore vincolante in quanto la lunghezza del periodo di Academy interna dipende dalla grandezza e complessità dell’impianto e dal grado di conoscenza che si vuol trasmettere.