La distinzione fra associazione dei manutentori e associazione della manutenzione non è di poco conto. A.I.MAN. non si presenta infatti come una delle tante associazioni di categoria, ma come un polo di riferimento e di attrazione di chi comunica, studia, lavora, elabora concetti, metodi e pratiche di Manutenzione.
Un percorso che ha visto trasformarsi numerose associazioni di manutenzione nel mondo con il comune obiettivo di presidiare il sapere manutentivo, essendo consapevoli che poi la manutenzione si articola nei mille rivoli delle tecnologie sottostanti, cosa che rende difficile se non impossibile un reale insegnamento universitario della materia.
L’EFNMS (European Federation of National Maintenance Associations) espresse questo concetto negli anni ’70, sollecitata da BSI (British Standards Institution) con la Terotecnologia o Tecnologia della Conservazione, una combinazione di “… direzione, finanza, ingegneria e altre discipline, applicate ai beni fisici per perseguire un economico costo del ciclo di vita ad esse relativo …”
Esiste però fra le diverse tecnologie un minimo comune denominatore, un corpus disciplinare comune, che non dipende dalla tecnologia ma da un insieme di conoscenze che dalla preistoria ad oggi si sono evolute con l’uomo, le tecnologie e la società, tale insieme è proprio la Manutenzione (nelle sue diverse declinazioni, a vari livelli di sintesi, che però differiscono minimamente fra loro: Terotecnologia, Ingegneria della Manutenzione, Manutenzione Produttiva, Manutenzione Centrata sull’Affidabilità, eccetera).
L’Additive Manufacturing (AM), è una modalità produttiva relativamente recente che ha sovvertito i tradizionali criteri di economicità, dei lotti economici, del Just in Time, e di tutte quelle pratiche per ottimizzare l’aspetto logistico della fabbricazione. Nella AM non c’è aspetto logistico e quindi in pratica nulla da ottimizzare, perlomeno nelle sue applicazioni più estreme:
Non ci sono lotti economici, perché produrre un pezzo o dieci pezzi comporta lo stesso moltiplicatore di scala, ed anche per questo motivo ci sono limiti superiori di quantità prodotte che rendono più economiche altre modalità produttive.
Non ci sono magazzini, perché si produce solo sul venduto e il prodotto viene consegnato immediatamente dopo la produzione.
Non c’è assemblaggio perché i centri di lavoro dalla materia prima (che sono materiali metallici, polimeri, sabbia, eccetera) ottengono direttamente il prodotto finito, già assemblato. Non ci sono quindi nemmeno semilavorati.
Non c’è tempo di attrezzaggio perché i centri di lavoro, con opportuni accorgimenti, possono passare da una lavorazione all’altra senza soluzione di continuità.
Non c’è bisogno di presidio, in quanto i centri di lavoro possono comunicare direttamente con l’handling che li rifornisce di materie prime e che porta alla spedizione il prodotto finito.
Certo non sono ancora molti i prodotti che possono essere realizzati a queste condizioni, però il loro numero sta aumentando anno per anno in ragione geometrica. È questo uno dei fattori vincenti della AM: è solo una questione di tempo (di calendario).
Lasciateci quindi sognare.
Siamo alla fabbrica a luci spente? Vi ricorda-te dell’impianto Fiat di Cassino, allora in fase di completamento, che Furlanetto ed io, raccon-tammo in Manutenzione a Costo Zero (1985)? Ecco, la fabbrica dedita alla AM potrà anche es-sere a luci spente, ma solo fino a quando dovrà intervenire il manutentore, allorché si vedranno potenti fasci di luce per permettere lo smontag-gio e il rimontaggio di assemblies, o per realiz-zare interventi di manutenzione a pie d’opera. Per quanto si possa semplificare il processo manutentivo, data la scarsa integrazione dei processi di AM, basati su centri di lavoro isola-ti, piuttosto che su stazioni in-line, il fenomeno riparatorio rimarrà sempre presente, almeno finché i prodotti non saranno virtualizzati, ma a quel tempo forse ci nutriremo di Prana (aria) anziché di cibo. La manutenzione è sempre intrinsecamente presente nella materia fisica, la quale per un insieme di leggi note all’uomo da oltre 10.000 anni (Maurizio Cattaneo, Manutenzione, una speranza per il futuro dell’umanità, 2012), subisce irrimediabilmente un degrado pro-gressivo (entropia) e partecipa ad un ciclo di vita che, semplificando, comprende nascita, vita, morte. L’ineluttabilità della Manutenzione non è mai messa in discussione e non lo sarà nemmeno in un futuro lontano, ciò che evolve, cambia, progredisce è l’organizzazione della manutenzione.
Dimenticatevi quindi gli ordini di lavoro, la pro-grammazione, gli interventi di preventiva, per-ché le macchine della AM, zeppe di sensori, attuatori, regolatori, strumentazione digitale, sono fatte per funzionare e quindi quando non funzionano, al netto delle parti di usura, come ad esempio le testine, necessariamente, è per un guasto. Ed il guasto è così raro da essere imprevedibile, anzi lascerebbe di stucco i manu-tentori del 3500 (dc) pensare che ci potrebbero essere dei fenomeni di deriva atti a produrre guasti che potrebbero essere intercettati dalla strumentazione. Quindi potenzialmente nella AM i guasti sono molto rari, mancanti delle caratteristiche di si-stematicità che rendono possibile la cd manu-tenzione preventiva. Anche i lavori di manutenzione saranno rari, ma esisteranno e non servirà una struttura pi-ramidale per governarli, come è accaduto fino ad oggi nella cd fabbrica fordista. Lean Mainte-nance portata alle estreme conseguenze, ecco come si declinerà la manutenzione nel futuro della AM. Nel frattempo possiamo pregustare tutti i passaggi intermedi andando a visitare quelle aziende che sono proiettate sulla traiettoria di questa meravigliosa innovazione digitale chiamata Additive Manufacturing, sempreché sopravvivremo alla catastrofe del cambia-mento climatico.
Maurizio Cattaneo, Amministratore di Global Service & Maintenance