Le sinergie consentite dalla integrazione dei dati si è dimostrato che superano di gran lunga i vantaggi di avere gli indicatori e gli schemi tecnici visibili e a portata di mano. Anzi manoscritti. Eppure, solo pochi anni fa tutti avrebbero scommesso sulla “visibilità cartacea” delle nuove tecniche produttive giapponesi. La tecnologia però è avanzata inesorabile togliendo ogni certezza a chi l’avesse avuta.
Verso la fine del 2004 durante l’annuale Forum della Manutenzione, conobbi alcuni tecnici della Ducati e rimasi molto colpito dalla rivoluzione organizzativa che avevano avviato negli ultimi tre anni, in fabbrica e nel servizio di manutenzione. Qualche mese più tardi ci incontrammo nello stabilimento di Bologna.
Ricordo questo episodio perché allora fui letteralmente folgorato dalla applicazione pratica del “Visual Management” in manutenzione e in particolare nella gestione del sistema informativo. A Bologna il piano di manutenzione, le chiamate in emergenza e tutti i dati significativi di controllo e supervisione erano gestiti su numerosi pannelli. Enormi “tazebao” per documentare e gestire le attività di manutenzione e le prestazioni delle macchine (per approfondire: Maurizio Cattaneo, Esempi di Manutenzione Avanzata: la Ducati Motor Holding di Bologna, MT&M – Maggio 2005).
Naturalmente la rivoluzione organizzativa non si limitava al sistema informativo visuale, ma oggi è un utile richiamo per capire come si è evoluto il pensiero organizzativo a livello di officina, non solo “macro” quindi.
In quel periodo, suggestionati da un decennio e più di studi sulle esperienze delle industrie giapponesi e sul modello del reengineering di stampo anglosassone (chi non ricorda Michael Hammer, Reengineering the Corporation: A Manifesto for Business Revolution, Harper & Collins, 1994), si pensava che un modello visuale, per non dire visivo, di gestione operativa fosse il classico uovo di Colombo. La soluzione semplice per gestire la complessità e la tempestività richiesta dalle industrie più avanzate di allora.
In fondo noi sessantenni siamo tutti figli di Tom Peters, Michael Hammer, Richard Schonberger, gli italiani Alberto Galgano, Gianfranco Dioguardi, ossia la seconda generazione rispetto a Seiichi Nakajima, Peter Drucker e Wickham Skinner (i quali hanno avuto una vita professionale lunghissima, essendo vissuti rispettivamente 96, 95 e 94 anni). E poi, certo, molti altri.
Non avremmo immaginato che, dopo nemmeno due lustri, dal 2015 in poi, il turbolento sviluppo di Tecnologie Informatiche, IoT, Robotica, Big Data, avrebbe portato a rovesciare totalmente l’idea di organizzazione e, nello specifico, di organizzazione della manutenzione.
I fondamentali rimangono: le riparazioni, gli ordini di lavoro, i piani di manutenzione con la “vecchia” predittiva a far da padrone, i ricambi, i costi, le prestazioni, il budget, gli approvvigionamenti, le strutture tecniche, però la gestione del tutto si sta velocemente trasformando.
Niente più Visual Management, sostituito da smartphone e tablet, interfacce intelligenti verso il sistema informativo da un lato, Big Data, e IoT dall’altro.
I processi parimenti si evolvono e si adeguano alle trasformazioni dell’ambiente operativo. Le prestazioni che oggi sono richieste a manutenzione e impianti, farebbero impallidire un tecnico proveniente anche solo dagli anni ’90 del secolo scorso. Tutto si dirige verso la perfezione, il mantra zero fermate, zero difetti, zero infortuni, zero scorte, nelle fabbriche 4.0 diventa una realtà consentita dall’ambiente operativo e dalle tecnologie, certo, ma anche da nuovi punti di vista. Dall’esigenza di avere il massimo in un testa a testa fra aziende che rincorrono la agognata perfezione.
Così come abbiamo raccontato alcuni mesi fa, la nuova versione delle ISO 9000 e IATF, mette al centro del sistema la gestione dei rischi e, in manutenzione, la predittiva viene sopravanzata dalla migliorativa, nuovo fiore all’occhiello da esibire alla direzione. Coesistono certo, ma se non si riesce ad eliminare progressivamente tutte le cause di guasto il sistema produttivo arranca, rimane indietro e la concorrenza è dietro l’angolo che non aspetta altro per fare il sorpasso.
Al tempo stesso acquista nuovo valore la cd manutenzione di routine, quella che Nakajima teorizzava come manutenzione autonoma. Dato però che le macchine sono sempre più automatizzate e quindi meno presidiate, è il manutentore che armato di tablet o di smartphone gira i reparti quotidianamente per assicurarsi che le “condizioni al contorno” siano rispettate. Come un novello Pasteur alle prese con le infezioni batteriche e la messa a punto del “terreno”.
La sporcizia, i giochi, le cattive regolazioni, i microinterruttori difettosi, le tensioni irregolari, gli sbilanciamenti, eccetera, sono come una infezione che silenziosamente crea i presupposti per guasti, avarie, danni, infortuni.
La tecnologia aiuta. Quando il manutentore passeggia fra gli impianti, è lo smartphone interfacciato con sofisticati sistemi di geolocazione (all’interno della fabbrica il GPS non funziona) che gli suggerisce quali macchine controllare, quelle fatte e quelle ancora da fare. Perché nulla deve sfuggire al controllo. È la perfezione bellezza!
E se sciaguratamente avviene un fermo macchina, un guasto? Si avvia subito il processo di analisi, a caldo, mentre il paziente è sotto i ferri, altrimenti molti dettagli si dimenticano. Si attiva tempestivamente la riparazione o il “dépannage”, ma si preparano anche i dati per capire ora o in un secondo momento, come fare per evitare future fermate. Futuri guasti. Futuri infortuni. Futuri inceppi del sistema produttivo con accumulo di scorte, ritardi, reclami.
E tutto questo viene accuratamente, registrato, sottoposto ad analisi algoritmica, aggiornato in un database, uno strumento informatico quindi, non su carta. La carta basta, ha fatto il suo tempo. I libri si leggono su Kindle. I manuali appaiono al manutentore che lavora in campo su visori in Realtà Aumentata, davanti alla macchina, mentre esegue una attività di manutenzione. Quando e dove servono.
Non ci sono più i volumi che raccolgono gli statini firmati, le schede di procedura, i disegni, tutto è elettronico, automatico, appare dove serve.
La manutenzione ha finalmente vinto la sua battaglia contro la carta. Non ci sono tazebao o, se ve ne sono, appaiono come giganteschi video LCD. Ci sono meno sprechi, il reparto è più asettico, c’è molto meno folklore, ma più dinamismo.
Il rischio è che questo ambiente così servo assistito, aumentato, visualizzato, contestualizzato, riduca gli stimoli, la creatività. Speriamo di no.
Non è fantascienza, noi ci stiamo provando presso alcuni nostri clienti e vi assicuro che funziona.
Auspichiamo sempre che il futuro si presenti migliore del passato e dell’oggi. Sarà così anche con questa nuova organizzazione. C’è molto altro, me ne rendo conto, ma qui ci sono solo due pagine.
Maurizio Cattaneo, Amministratore di Global Service & Maintenance