Il documento di valutazione dei rischi

Un difficile equilibrio dinamico tra forma e sostanza

  • Giugno 4, 2018
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Introduzione

Sono passati più di 20 anni dall’introduzione dell’obbligo della valutazione dei rischi e del­la redazione del relativo documento in tutte le aziende pubbliche e private. Il testo normativo ha lasciato fin dal principio (art. 4 D.Lgs. 626/94) ampio margine ai destinatari sulle modalità per ottemperare a tale obbligo, fermo restando il vin­colo di esplicitare nella relazione:

  • i criteri adottati
  • l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione
  • il programma delle misure per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicu­rezza

Tale indeterminatezza ha generato negli anni modelli di documenti molto diversi tra loro spa­ziando ai dueestremi tra alcuni esageratamente articolati, complessi e difficilmente leggibili ed altri del tutto generici, infarciti di letteratura ma privi di riferimenti al contesto operativo specifico.

L’evoluzione normativa, pur continuando a ga­rantire al datore di lavoro libertà di scelta nei cri­teri per la redazione del documento, ha portato a specificare che tali criteri devono essere impron­tati a semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo dipianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione.

Appare subito evidente (per lo meno a chi scri­ve) la difficoltà di garantire allo stesso tempo da una parte la semplicità e la brevità e dall’altra la comprensibilità e la completezza in un docu­mento che deve analizzare tutte le attività che si svolgono in una determinata realtà aziendale e che spesso si presentano sia organizzativamen­te che tecnicamente molto complesse e varie.

A complicare le cose si aggiunge l’obbligo dell’apposizione di una data certa (garantita dalla presenza, sotto la data, delle firme del datore di lavoro, del RSPP, del Medico competente e del RLS) che cristallizza in maniera formale il docu­ mento in un determinato momento ma che mal si confà a un documento che è in continua evoluzione per la definizione stessa, data dal legislatore, di strumento operativo idoneo per la pianificazione degli interventi azien­dali e di prevenzione. Premettendo che non è detto a priori quale sia la frequenza con cui è necessario formalizzare il DVR è abbastanza comune imbattersi in documenti molto datati o in cui mancano le firme di una o più delle figure che dovrebbero sottoscriverlo, rendendo in tal modo del tutto inutile il documento dal punto di vista formale (se mancano le firme è come se il documento non ci fosse).

In ultimo, ma non certo per importanza, il fatto che la valutazione debba comprendere tutti i rischi a cui sono esposti i lavoratori, compresi quei gruppi esposti a rischi particolari tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato e quelli riguardanti le donne in gravidanza nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e alla specifica tipologia contrattuale e, aggiungo io, non solo quelli prevedi­bili nelle normali condizioni operative ma anche quelli in caso di lavori non routinari e di emergenza.

Come affrontare allora correttamente questo difficile compito?

Coinvolgere più figure

Senza avere la pretesa di fornire una chiave di lettura univoca ed assoluta cercherò di fornire di seguito alcuni spunti derivanti da molti anni di espe­rienza in questo campo.

Partiamo innanzitutto dall’approccio; per garantire completezza ed ido­neità una corretta valutazione dei rischi al giorno d’oggi non può essere il risultato del lavoro di un singolo professionista ma deve necessariamente coinvolgere più figure che contribuiscano, ognuna in base alle proprie competenze, ad una analisi precisa e completa delle attività aziendali e dei rischi ad esse correlati.

Prima fra tutte quella del Datore di Lavoro che, pur non essendo quasi mai l’autore del docu­mento di valutazione dei rischi, lo sottoscrive e ne ha la responsabilità e dovrebbe pertanto con­tribuire, con le sue ampie conoscenze tecniche e organizzative e soprattutto con la piena consape­volezza delle risorse a sua disposizione, a stabili­re, all’interno dei programmi volti a eliminare o a tenere sotto controllo i rischi presenti, quali siano gli interventi prioritari garantendone l’attuazione nei tempi previsti.

Segue la figura del Medico Competente la cui at­tività, almeno nella mia esperienza, è ancora oggi incentrata quasi esclusivamente sugli adempi­menti collegati alla sorveglianza sanitaria e molto poco sull’analisi dei processi produttivi e delle possibili soluzioni preventive per garantire il mi­glioramento della salute in azienda. Chiaramente un maggior coinvolgimento di questa figura pro­fessionale presuppone una forte propensione da parte della direzione ad investire in sicurezza e salute (il tempo e la professionalità si paga­no) ma anche una forte motivazione da parte dei medici a non interpretare il loro ruolo come mero adempimento burocratico volto a stabilire idoneità, prescrizioni e limitazioni. Val la pena di sottolineare infine come anche la figura del Rap­presentante dei Lavoratori per la Sicurezza, e più in generale dei lavoratori stessi, non venga utilizzata in maniera soddisfacente nel processo divaluta­zione dei rischi. Il punto di vista dei lavoratori può non essere tecnicamente perfetto, ma sicuramente rappresenta un tassello fondamentale per capire quali sono i rischi realmente presenti in una determinata realtà produttiva. È pertanto estremamente importante coinvolgere fin da subito il RLS ed i capirepartonelle attività valutative perché senza il loro contributo si può andare incontro a sviste od omissioni gravissime anche e soprattutto in relazione alla loro conoscenza del personale impiegato nelle varie attività.

Teoria e pratica

Da un punto di vista organizzativo conviene, a mio avviso, procedere all’e­laborazione del DVR tenendo presente la duplice natura che questo docu­mento possiede e cioè da una parte quella statica e formale di analisi si­stematica che serva a mettere in atto tutta una serie di misure preventive e protettive per eliminare o contenere i rischi intrinsechi delle varie attività lavorative e pertanto ben conosciuti, potendo dimostrare a terzi in caso di ispezioni, infortuni, malattie professionali che l’azienda ed il datore di lavo­ro hanno ottemperato correttamente all’obbligo previsto dal D.Lgs. 81/08, dall’altra quella dinamica e più operativa volta a percepire tutte le richieste di miglioramento che provengono da varie fonti sia interne che esterne (audit, risultati di valutazioni specifiche, richieste da parte del RLS o del medico, verbali da parte di enti di controllo esterni, misure decise in se­guito a infortuni o incidenti accaduti, ecc.) che sono in continua evoluzione e che non necessariamente possono essere conosciuti e valutati a priori.

Per fare ciò da un punto di vista pratico ritengo pertanto che si debba articolare il DVR in due parti: la prima, da aggiornare in linea di massima con frequenza annuale a meno di importanti cambiamenti, che contenga l’anagrafica aziendale (completa di organigram­ma della sicurezza, descrizione dei processi produttivi, dei gruppi omogenei di lavoratori e delle attività svolte da questi e layout azienda­le con la suddivisione dei vari reparti), i criteri adottati per la valutazione dei rischi (a mio av­viso è sufficiente attenersi alla matrice Proba­bilità X Danno, entrambi con scala da 1 a 4), le schede dei macchinari e delle attrezzature uti­lizzate, l’elenco dei prodotti chimici utilizzati con i relativi quantitativi, l’elenco dei Dispositivi di protezione individuali forniti, le statistiche sugli infortuni almeno degli ultimi 3 anni, la valuta­zione dei rischi per la sicurezza e per la salute suddivisa in schede mansionali con, a fronte di ogni attività valutata, l’elenco delle misure tecni­che e organizzative messe in atto per eliminare o controllare il rischio.

La seconda parte del DVR, aggiornata costan­temente, dovrebbe rappresentare lo strumen­to operativo per tenere sotto controllo tutte le attività programmate per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e salute in azienda e dovrebbe pertanto comprendere oltre alla fon­te da cui scaturisce l’attività di miglioramento richiesta, la data della sua rilevazione, la sua descrizione, chi deve garantirne l’esecuzione, entro quando, lo stato di avanzamento (sugge­risco per le attività complesse o che coinvolgo­no più responsabili di utilizzare un diagramma circolare a quarti) ed i costi che la misura di miglioramento richiede.

Conclusioni

Per dar seguito al disposto della semplicità e brevità vanno, secondo il mio parere, escluse dal documento tutte le notazioni di letteratura (quali ad esempio le corrette tecniche di movimenta­zione manuale dei carichi che spesso si trovano sempre uguali indipendentemente dall’azienda o la descrizione generica dei Dispositivi di Prote­zione Individuale) o i riferimenti normativi che servono più a compiacere gli addetti ai lavori che li hanno redatti (o per incrementare il numero di pagine) che quale strumento effettivo di gestione della sicurezza in azienda.

In questo modo il DVR diventa vero e proprio strumento specifico e condiviso di gestione della sicurezza e salute garantendo contemporanea­mente il rispetto dei requisiti di base consolidati dall’esperienza e dalla conoscenza e l’adegua­mento costante dei livelli di sicurezza tramite la continua revisione delle misure contenute nei piani di miglioramento.

Tiziano Strata, Consulente per la Sicurezza, RSPP, Studio Centro Sicurezza Ambiente Srl