Il Futuro che ci salva

Editoriale di Fabio Calzavara, Responsabile Sezione Sicurezza, A.I.MAN.

  • Giugno 26, 2025
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  • Il Futuro che ci salva
    Il Futuro che ci salva

Quest’anno nel pensare l’editoriale ho cercato di attingere a qualcosa di innovativo.

Abbiamo la sensazionale notizia riguardo l’emanazione del nuovo Accordo Stato Regioni del 18 aprile 2025 (di sensazionale c’è che lo attendavamo dal 2022), ma di questo leggeremo alcune note che Alessandro Raspante ci ha gentilmente concesso nel suo articolo.

In queste ore apprendiamo però di un accadimento tragico, che da un lato mi rattrista ma dall’altro lato mi fa piacere. Non è sadismo, ci mancherebbe, l’evento è di quelli agghiaccianti: una massa di roccia e ghiaccio, proveniente da un ghiacciaio, si è abbattuta su un versante montano in Svizzera, ricoprendo di fango quasi interamente il villaggio alpino di Blatten. Nei giorni precedenti l’evento, basandosi su segnali incipienti, le autorità avevano ordinato l’evacuazione di circa 300 persone, oltre a tutto il bestiame, dal villaggio, temendo appunto che il ghiacciaio – pari a 1,5 milioni di metri cubi – potesse crollare.

La memoria mi ha indirizzato al tragico evento della diga del Vajont, che ha molto di analogo: il 9 ottobre 1963, alle ore 22:39 una massa di 263 milioni di metri cubi di montagna crollò sul lago artificiale Vajont portandosi dietro prati, alberi, case, persone, bestiame. Una quantità di detriti 175 volte più grande dell’evento svizzero, che provocò 1.917 vittime.

Una catastrofe che poteva essere evitata, visti i numerosi segnali premonitori che furono registrati e analizzati con sufficiente dettaglio: qualcuno semplicemente ha voluto ignorarli. La differenza tra un danno (seppure smisurato) e i morti sta in questo.

In Svizzera è andata diversamente poiché i movimenti della parete che erano stati registrati in precedenza e relative analisi hanno indotto le autorità a ordinare l’evacuazione. Con successo.

Voglio pensare che questo sia un segnale della nuova cultura della Sicurezza, che portata nelle nostre fabbriche dovrebbe agire in modo analogo. Dietro la decisione delle autorità ha funzionato correttamente un Sistema Organizzativo composto da operai, tecnici, analizzatori, studiosi, dove ognuno ha fatto la propria parte con imparzialità e competenza.

Se pensiamo al nostro tessuto produttivo, gran parte delle inchieste giudiziarie descrivono realtà in cui gli incidenti, in modo particolare quelli con infortunio, sono sempre preceduti da segnali (incidenti minori), ignorati oppure trattati in modo superficiale.

Concentrarsi sulla cultura della Sicurezza esclusivamente all’ottemperanza documentale del “siamo a posto con le carte” non da garanzia che gli incidenti si fermino. L’eccesso di burocrazia, anzi, compromette la protezione dei lavoratori poiché sovraccarica le persone e di conseguenza la loro consapevolezza, demotiva il personale.

Concentrarsi, ad esempio, sulla coerenza nella ripartizione del processo decisionale degli attori è un fronte da perseguire, affinchè la realtà sia coerente con quanto raccontato nei “documenti”: troppo spesso dicono una cosa e in fabbrica viene fatto diversamente con i veri attori ignorati o trascurati, quando non intimoriti, in favore di convenienze economiche. D’altra parte, quando le cose accadono, la mannaia “231” ci insegue senza indugio.

Come sicuramente è accaduto in Svizzera, se ogni attore ha la possibilità di svolgere il proprio ruolo con piena facoltà, difficilmente il flusso si interrompe.

Un flusso che porterà la serenità di abbracciare i propri cari la sera quando si torna a casa. Sicurezza ai lavoratori delle aziende.

Serenità ai lavoratori: di fatto tutti noi.