Manutenzione e misure

Non solo affidabilità

  • Maggio 18, 2021
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    Manutenzione e misure

Accade di rado che un cliente o un collega a proposito di un loro impianto mi chieda dell’MTBF o di altre misure affidabilistiche. Indagare la correlazione fra comportamenti delle macchine, fabbisogni di manutenzione e risultati ottenuti, nella fretta dell’agire quotidiano raramente è una priorità.
Con la diffusione della Economia Circolare, l’attenzione posta sulla riparazione è cresciuta enormemente. Da cenerentola dei servizi di manutenzione, la riparazione è diventata uno dei maggiori fattori competitivi, specie e soprattutto nel manifatturiero. 

Avere in azienda manutentori in gamba che sappiano improvvisare quando serve, ed in altri casi applicare rigorosi protocolli di intervento, può fare la differenza quando lo spazio per competere si comprime sempre più per effetto della globalizzazione. 

L’impatto sulla longevità di una buona manutenzione che sappia ripristinare “buono come nuovo” riduce il cumulo dei rifiuti, allunga la vita delle macchine, e migliora l’efficienza del capitale circolante, come abbiamo visto nei numerosi articoli sull’argomento apparsi nella nostra rubrica. 
Perché quindi questo mese vogliamo tornare a rispolverare le misure affidabilistiche, una delle sinfonie più celebri della ingegneria di manutenzione? 

L’occasione è stata il recente incontro rigorosamente “a distanza” con un gruppo di potenziali clienti. Fra questi, il responsabile dell’ufficio tecnico, a proposito del nostro sistema informativo (SIM), ha voluto approfondire le funzioni dedicate alla valutazione delle prestazioni ed in particolare dei principali parametri affidabilistici inerenti al parco macchine gestito dal servizio di manutenzione. 
La cosa in un primo momento mi ha colto in contropiede, in quanto non capita spesso di poter discutere di questo interessante ambito dell’ingegneria, e la base dati che avevo scelto per illustrare le caratteristiche del SIM era un po’ scarsa di registrazioni utili a rappresentare compiutamente grafici, tabelle e l’evoluzione dei diversi indicatori. 

Questo non ci ha impedito di avviare una interessante discussione sui vari indicatori censiti dalla UNI 10147 fra i quali MTBF (Mean Time Between Failures) e MTTR (Mean Time To Restore), nonché il più recente OEE (Overall Equipment Effectiveness). Indicatori che si possono ottenere a livello di macchina/impianto (MTBM/MTTR) o a livello di linea (OEE), fra i numerosi report elaborati dal SIM, in forma grafica o tabulare. 

L’MTBM è un utile indicatore per comparare l’affidabilità di macchine simili operanti in contesti diversi o in stabilimenti diversi per valutare l’efficacia del servizio di manutenzione nei vari ambiti. Questo naturalmente solo se la base dati è raccolta con criteri omogenei cosa da non dare per scontata. 
L’MTTR, per quanto riferibile alla manutenibilità di una macchina, ossia alla facilità con la quale è possibile, in caso di guasto, attuare l’intervento manutentivo e il successivo ripristino, è un indicatore di livello più organizzativo. Dato che l’organizzazione delle squadre di manutentori, e la logistica dei magazzini e dei ricambi, può avere un impatto significativo sul valore di questo indicatore. Ragion per cui nei servizi di manutenzione più “micraniosi” l’MTTR viene suddiviso in due/tre componenti fondamentali in modo da distinguere l’effetto logistico, dall’effetto organizzativo e dalla effettiva manutenibilità della macchina. 

L’OEE, invece si discosta ulteriormente da una visione meramente affidabilistica, dato che combina rilevazioni di rendimento rispetto alla qualità del prodotto, con il rendimento della gestione (capacità di sfruttare appieno le ore disponibili), con la disponibilità la quale, come è noto, è figlia sia dall’affidabilità sia dell’organizzazione della fabbrica (turnazione, manutenzioni a impianti fermi ecc.), quello che altrimenti è noto come utilizzo.

Complessivamente – e l’acronimo OEE significa in fondo proprio “complessivamente” – misura la capacità della impresa di sfruttare il capitale investito. Ha quindi un impatto sull’effettivo ammortamento degli impianti. 

Negli anni Ottanta, quando ho avuto l’occasione di lavorare per una nota acciaieria, l’OEE della laminazione era il 38%, ossia sul tempo a disposizione nelle 24 ore per i 7 giorni della settimana, solo il 38% era utilizzato per produrre “prodotto buono”, il resto era dissipato in tante “resistenze” più o meno passive. Dagli incagli al rallentamento del forno, dalla dimensione delle vergelle o delle barre prodotte alla dimensione degli sbozzati o dal loro posizionamento in forno. Ma poi anche l’organizzazione ci metteva lo zampino: servivano otto ore, un intero turno alla settimana, per eseguire operazioni di manutenzione di routine, a macchina ferma. La sequenza di infornamento e di laminazione delle commesse non era ottimizzata per ottenere il massimo rendimento dei vari treni di laminazione. Il laminatoio (più treni uno dietro l’altro) era un sistema in serie tremendo composto da tantissime cose che potenzialmente si potevano guastare o potevano rallentare il processo. 

Dopo questa piccola indigestione di acronimi, ricordiamo che la misura dei sistemi non è solo affidabilità. Le aziende manifatturiere più avanzate superato il primo decennio di questo secolo e dopo aver provato tutti i sistemi manageriali della manutenzione e della fabbrica possibili e immaginabili (un’altra serie di sigle: TPM, RCM I e II, TQC, JIT, WCM), hanno avuto davanti a loro una sola alternativa per migliorare: eliminare i guasti. 

Nakajima, nella introduzione al suo primo libro, cita la fabbrica di pompe di Aishin Seiki, dove a partire dal 1982 non ci sono più stati guasti, con una difettosità inferiore a 11 difetti per milione di pompe. Un piccolo e semplice fornitore Toyota, se paragonato alla nostra industria automobilistica e ai suoi principali fornitori, dove però l’eliminazione dei guasti è diventato uno dei pilastri del WCM (World Class Manufacturing). 

L’analisi 5W + 1H (usata per descrivere un evento fin dai tempi dei romani), la tecnica dei 5 Perché o il diagramma a “Spina di Pesce” di Ishikawa, oggi diventata tecnica delle 6M (Manodopera, Materiali, Metodi, Macchine, Madre Natura, Misurazioni), sono molto usate per risalire alle cause prime dei guasti e strutturare poi opportuni interventi migliorativi che siano in grado di eliminarli per sempre. 
Nel nostro SIM questi metodi sono usati soprattutto dal microcosmo dei fornitori Automotive. Tuttavia, oggi, dieci anni dopo e a seguito di numerose esperienze sul campo, crediamo sia giunto il momento in cui ogni azienda possa trarre beneficio dal mantra zero guasti. Anche se avvicinarsi a questo obiettivo non è una passeggiata. 

Quindi, misurare, misurando, misure ma non solo di affidabilità … “di questo pane vive il manutentore”, ma solo se poi tanta consapevolezza sarà tradotta in azioni efficaci.

Maurizio Cattaneo