A cura di Pietro Marchetti, Coordinatore Regionale sezione Emilia-Romagna, A.I.MAN.
Del resto “SAFETY FIRST” ormai lo vediamo scritto in ogni dove tutte le volte che entriamo in un’azienda, ma spesso rimane un monito inosservato come certi DIVIETI DI SOSTA. La sicurezza, invece, è la principale attenzione da tenere nel corso di tutta la nostra attività lavorativa. Importanti sono i pezzi che escono, importante è il fatturato, ma ancor più importante è tornare la sera a casa sani e salvi dalla nostra famiglia. La sicurezza, quindi, è un fattore fondamentale e determinante di ogni lavoratore, dal carropontista che movimenta coils di lamiera dal peso di qualche tonnellata all’impiegato videoterminalista. Ognuno deve lavorare facendo attenzione alla propria incolumità e a quella dei suoi colleghi.
E fin qui non ho detto nulla di nuovo o di rivoluzionario, tant’è che a ogni nuova assunzione, prima di iniziare il lavoro, si fa una formazione sulla sicurezza poi ripetuta a intervalli di tempo regolari. E oltre alla formazione generale sulla sicurezza c’è quella specifica legata alla mansione. Tra le varie mansioni è prevista anche quella del manutentore e lascio i vari colleghi RSPP preparare i loro percorsi formativi per i manutentori. Non voglio sostituirmi a loro, ma voglio dare loro solo un paio di spunti di riflessione perchè possano svolgere al meglio il loro lavoro e ottenere un maggior livello di sicurezza nell’azienda.
Il primo spunto riguarda il fatto che il manutentore in azienda è l’unico operatore a non avere un lavoro standardizzato, almeno nella maggior parte dei casi (alla luce della mia esperienza mi riferisco principalmente all’industria manifatturiera). Ogni lavoratore (blue collar) è inserito in un processo produttivo ben definito e standardizzato e affinché possa compierlo al meglio gli vengono fornite delle “istruzioni operative”, approvate anche dalla sicurezza, in cui si spiega cosa deve fare e come farlo, si specifica cosa non deve assolutamente fare e quali DPI deve usare. E nel caso in cui abbia dei dubbi gli si dice di chiamare il preposto e chiedere consiglio a lui. Se ci si attiene scrupolosamente a queste istruzioni di lavoro risulta quasi impossibile che accada un infortunio. Sono il primo a dire che è un bene essere arrivati a questo livello. Ma il povero manutentore fa un lavoro sempre di- verso e non è facile fare delle “istruzioni di lavoro” per fargli svolgere in piena sicurezza la sua mansione. Certo, anche il manutentore fa dei lavori ripetitivi: le manutenzioni preventive, le ronde di lubrificazione, le ispezioni agli impianti, ecc. Per queste operazioni molte aziende hanno già iniziato a fare le loro “istruzioni operative”, ma nella maggior parte dei casi il manutentore si trova ad operare in situazioni “one shot” nelle quali è impegnato a trovare il bandolo della matassa per poi districarla e deve farlo agendo in tutta sicurezza per lui e per gli altri. In alcuni casi si trova a operare da solo, in altri con dei colleghi che possono essere accanto a lui o in un’altra zona dell’impianto. E già così le variabili crescono: non devo farmi male io, non devo far male a un collega e devo far attenzione che nessun collega possa inavvertitamente nuocermi. A volte, poi, viene chiamato a fare interventi mai pensati. Un esempio: se si verifica una situazione di pericolo come un faro che per qualche motivo non è più saldamente attaccato al soffitto e rischia di cedere, si chiama la manutenzione. E in questa vastità di lavori che si ritrova a fare, spesso, non ha le giuste attrezzature per farlo, ma deve farlo e, quindi, si ingegna con quello che ha a disposizione.
Da queste considerazioni deriva il primo consiglio che do a chi si occupa di formazione sulla sicurezza ai manutentori. La formazione sulla sicurezza ai manutentori non deve essere nozionistica, ma emozionale. Non serve dare al manutentore una serie di nozioni e riferimenti normativi, ma serve creare in lui una cultura o, se mi è consentito il termine, una “religione” della sicurezza. Si deve arrivare al punto in cui, prima di fare ogni azione, il manutentore abbia ben chiaro nella sua mente quelle che sono le conseguenze del suo gesto su di lui e sugli altri. E se non gli sono chiare queste conseguenze deve assolutamente fermarsi. Per arrivare a questo punto non serve sviscerare una serie di leggi e norme da mettere nella testa del manutentore così come si mette la frutta in un frullatore. Tutte le volte che devo parlare di sicurezza con i manutentori parto dai racconti: i racconti di quando abbiamo fatto delle cose un po’ rischiose e di quando abbiamo avuto anche noi dei mancati infortuni. Parto da questi racconti per analizzare come si è arrivati a quel punto, cosa avremmo potuto fare prima per evitarlo, cosa abbiamo rischiato davvero, come avremmo dovuto comportarci. Vedo che questo mio modo di comunicare aumenta di molto la cultura della sicurezza.
Il secondo spunto che voglio dare a chi si occupa di formazione sulla sicurezza ai manutentori è di fare bene quanto ho appena detto per un secondo fine: sfruttare il manutentore. Avete letto bene. La sicurezza deve “sfruttare il manutentore”, non sfruttare nel senso negativo del termine, ma nel senso di utilizzarlo per fargli fare “sicurezza” oltre che “manutenzione”.
Mi spiego meglio. Compito della sicurezza è anche quello di eliminare tutte le cause di rischio che si possono trovare in un’azienda. Per fare questo di solito RSPP, o chi per lui, fa degli audit in cui passa in azienda e segnala / fa rimuovere tutte le situazioni di rischio. Il problema è che di solito questi audit passano solo nelle zone visibili delle nostre aziende: aree di lavoro, corridoi, magazzini, ecc. Sappiamo tutti, però, che nelle fabbriche esistono tante zone dimenticate in cui passa solo il manutentore: aree poco accessibili dietro le macchine, soppalchi e ballatoi, aree nascoste trasformate in magazzini, sottotetti, ecc. Queste aree sono di sicuro quelle con più alto rischio, spesso sono attraversate da impianti più o meno pericolosi e sono fuori da ogni giro di ispezione e da ogni ronda. In esse si accumula lo sporco e interagisce con eventuali perdite degli impianti o con il calore degli impianti stessi, quando addirittura non sono utilizzate da qualcuno come posto per poter fumare senza essere osservato. Pensate ai vostri impianti e immaginate quanti di questi posti avete e quanti rischi possono nascerci. Paura? Penso proprio di sì.
Eppure c’è una persona in azienda che conosce tutte queste zone e che, per un motivo o per l’altro, a volte ci va. Quella persona è il manutentore. Si deduce, quindi, che un manutentore con la sicurezza nel DNA possa individuare ed eliminare tutti i pericoli che si annidano nelle aree nascoste. Questo è il senso di quello che ho detto prima, quando dicevo di “sfruttare il manutentore”. Se si riuscisse a instillare nel manutentore la cultura della sicurezza questo sarà il più grande alleato del RSPP nell’azienda