Manutenzione, qual è il budget necessario?

Come confrontarsi con contesti in cui l’approccio economico finanziario sempre più spinto condiziona le possibilità di investimenti in manutenzione

  • Marzo 8, 2019
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  • Definire il budget corretto - Consapevolezza che con l’acquisto del bene si comprano anche i costi di gestione futuri
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  • Approccio Total Cost minimo
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  • Coinvolgere il Top Management – Rispetto delle norme e sicurezza sul lavoro. Tutte le norme suddividono le responsabilità tra il datore di lavoro, il progettista, il costruttore, l’installatore, il manutentore e l’utilizzatore
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  • Definire il budget corretto - La manutenzione porta benefici all’azienda
    Definire il budget corretto - La manutenzione porta benefici all’azienda

Premesso che i temi di questo numero della rivista sono “L’organizzazione e i processi di manutenzione” si può facilmen­te intuire che non esistano un’organizzazio­ne e dei processi di manutenzione ideali e universalmente applicabili a tutte le realtà, basti pensare alle diverse complessità ma­nutentive di una raffineria di petrolio rispet­to ad una casa domestica o un ospedale.

Quindi, consapevoli che tali argomenti siano da adattare alle caratteristiche produttive e costrut­tive di ciascuna azienda, edificio, macchinario ecc., esiste comunque un dilemma comune a tutti: qual è il corretto BUDGET da prevedere annualmente a supporto di tale organizzazione o coerente con i processi di manutenzione?

La risposta può sembrare facile ma ritengo che sia la domanda delle domande e che sia molto difficile dare una risposta univoca in grado di soddisfare realtà aziendali complesse con mi­gliaia di beni, dislocate in varie parti del mondo.

La domanda vale comunque sia per aziende con un livello di manutenzione primordiale sia per aziende in manutenzione 4.0, certamente con logiche più o meno evolute.

Trovare una ricetta è molto difficile in quanto abbiamo innumerevoli variabili in gioco e so­prattutto già dobbiamo considerare le spese di manutenzione e gli investimenti che influiscono sulle prime.

Logicamente, se si procede ad una seria cam­pagna di rinnovo dei macchinari, le spese della manutenzione possono essere influenzate, in particolare ci si aspetterà meno eventi di guasto nell’immediato e costi di ricambistica minori nel breve, data la disponibilità a catalogo.

Spesso la volontà di cambiare l’organizzazione nasce dall’esigenza di razionalizzare e ridurre le spese, piuttosto che puntare all’efficienza e alla disponibilità del macchinario.

Quindi alla base del ragionamento dei decisori del cambiamento è il costo, noto nel bilancio precedente il riferimento, piuttosto che altri pa­rametri.

Ma ogni organizzazione, anche la più perfor­mante, cosa può fare se poi il budget non è sufficiente o adeguato a coprire i corretti costi?

Come ha scritto il prof. Macchi in un precedente numero della rivista, una volta lo stesso utiliz­zatore del macchinario faceva anche la manu­tenzione in quanto gli strumenti erano semplici, e non si poneva di fatto il problema del budget, se non per semplici pezzi di ricambio che lo stesso utilizzatore teneva a magazzino.

Ora invece che i macchinari sono sempre più complessi è necessario avere personale esper­to e dedicato e spesso è impossibile per un’a­zienda averlo al suo interno, pertanto si ricorre a ditte specializzate esterne, per cui c’è la ne­cessità di un contratto congruo.

Budget e Asset fisici da manutenere

Il problema del budget si è via via reso sempre più problematico quando le aziende hanno avu­to un approccio economico finanziario sempre più spinto. Esse hanno poi dovuto – o deciso di – terziarizzare i servizi di manutenzione con contratti di vario tipo.

Purtroppo, il decisore finale è spesso un uffi­cio acquisti che non ha competenze tecniche e obiettivi diversi, se non minimizzare gli importi dei contratti, e quindi si spinge il prezzo alle vol­te sotto ai costi reali del servizio appaltato.

Purtroppo anche le ditte che offrono i servizi di manutenzione si prestano alla gara al ribasso pur di ottenere un appalto, speranzose di rifarsi poi con qualche ordine aggiuntivo o meglio omettendo qualche manutenzio­ne o risparmiando sui pezzi di ricambio, dando poi un cattivo servizio che danneggia l’immagine e la reputazione della manutenzione all’interno dell’azienda, abbassando la considerazione dei decisori che poi dimenti­cano di aver avallato una spesa sotto costo.

Contrariamente a un acquisto di un bene materiale (vale a dire l’Asset fi­sico da manutenere), per il quale la trattativa economica difficilmente può cambiarne la natura e la qualità dello stesso (in quanto basta avere un campione di riferimento), un contratto di manutenzione è un “acquisto” di future attività, che certamente saranno condizionate dal prezzo e dalle condizioni pattuite, in quanto il fornitore deve comunque trovare un suo utile d’impresa per logica di sopravvivenza.

Il Top Management è certamente il primo che dovrebbe preoccuparsi di spendere il giusto e non sempre meno, se non giustificato dalla vir­tuosa logica dell’efficienza.

Purtroppo è complice il fatto che la voce della manutenzione ricade tra le spese nei bilanci, e quindi fa pensare che tale voce sia comprimibile sempre e comunque, specialmente se le azien­de sono in crisi o con problemi di competitività.

Si dovrebbe invece avere la consapevolezza culturale che i bisogni di manutenzione sono imprescindibili e necessari per tutti i beni, ma soprattutto che questi siano intrinseci al bene stesso già al momento dell’acquisto innanzitutto per rispettare le leggi, per rispettare gli adem­pimenti previsti nel libretto di manutenzione e garantire quindi la vita utile.

Un approccio evoluto già in fase d’acquisto fa­rebbe comunque contenere i budget di manu­tenzione ma difficilmente si acquista in termini di TOTAL COST OF OWNERSHIP, cioè in base a tutti i costi intrinseci lungo la vita, e ci si basa solo sul prezzo d’acquisto iniziale, mentre soli­tamente un bene che costa di più in fase d’ac­quisto ha poi minori costi di gestione, maggiore affidabilità, possibilità di reperire pezzi di ricam­bio nel tempo, e centri d’assistenza che possa­no ridurre i tempi per la manutenzione curativa e quindi è più conveniente in termini di consumi energetici.

Questo può essere realizzato solo se si sa va­lutare il suo costo totale di possesso (TOTAL COST OF OWNERSHIP) nel ciclo di vita.

Considerando poi l’intero portfolio di beni gestiti dall’azienda, il budget dipende anche da tantis­simi altri fattori, quali edifici e impianti datati, macchinari di varie epoche, costosi, difficilmen­te interfacciabili e sostituibili, ma soprattutto dalle aspettative dell’azienda in termini di affi­dabilità degli impianti, fermi macchina tollerati o meno.

Budget e organizzazione processi

Il budget poi dipende dall’organizzazione e dai processi di manuten­zione. Deve essere il top management a dare la sua aspettativa e l’indirizzo strategico, ma purtroppo si valuta positivamente di più una manutenzione correttiva d’urgenza su un guasto se svolta in tempi rapidi in modo da far riprendere la produzione, al di là dei costi, che la manutenzione preventiva, silente e vittima della poca visibilità: è quella che definisco essere la “sindrome del pompiere” cioè il fatto che il pompiere venga considerato eroico quando interviene a spe­gnere un incendio con distruzione del bene, mentre lo stesso diventa un disprezzato burocrate se ha dato pesanti prescrizioni e ha fatto spendere dei soldi, azioni atte ad evitare l’insorgenza dell’incendio e quindi scongiurato la distruzione del patrimonio.

Solo a seguito di grossi disagi che hanno magari bloccato la produ­zione per settimane a causa della rottura di un pezzo critico (ricor­do un episodio raccontato nell’ultimo MaintenanceStories, fatto pur segnalato come problematico dal referente di manutenzione) si è cambiato idea e si è compreso il valore della manutenzione, in quanto il blocco è costato all’azienda in modo salato e quindi il costo della manutenzione preventiva diventa al confronto accettabile: soldi persi contro soldi spesi in prevenzione.

Anche qualche episodio di cronaca nazionale fa risvegliare gli animi e fa tornare di moda la manutenzione preventiva nei dibattiti televi­sivi, ma spesso dura poco e a breve si torna alla consuetudine della manutenzione correttiva, dopo il guasto, confidando nella buona sor­te per limitare i danni.

I dirigenti aziendali sono i primi che dovrebbero apprezzare una seria po­litica manutentiva di tipo preventivo perché hanno grandi responsabilità civili e penali assegnategli dalla legge: in caso di infortunio viene sempre richiesto il piano manutentivo della macchina o dell’impianto, le eventuali manutenzioni correttive e il rispetto del libretto di uso e manutenzione e soprattutto i decisori del budget. 

Il vero salto di mentalità sarebbe considerare la manutenzione preventiva un VALORE e non una spesa. Infatti una seria politica manutentiva con un coerente budget mantiene alto il valore patrimoniale dell’azienda e la sua capacità produttiva ma soprattutto riduce i guasti che alle volte possono avere esiti nefasti.

Passaggio da spesa a valore

Il ruolo della manutenzione consiste nel preservare il patrimonio azien­dale, garantire il rispetto delle normative, rendere gli ambienti sicuri e confortevoli sia per i clienti che per i dipendenti e assicurare la massi­ma capacità produttiva degli impianti con il minor costo manutentivo ed energetico.

Quindi, se per scarsità di budget non si è in grado di garantire la manu­tenzione minima, si rischia un deperimento del valore patrimoniale, la fruibilità degli ambienti oppure problemi di interruzione della produzione, ma soprattutto non si è coerenti con la missione affidata all’organizzazio­ne e ai processi di manutenzione.

Il referente di manutenzione aziendale, per sua missione, deve sempre e comunque continuare a segnalare l’esistenza di problematiche tecniche avvisando il management di ogni possibile rischio al di là del BUDGET. Questo va visto soprattutto anche in termini di responsabilità civili e pe­nali, quindi ci devono essere dei limiti oltre ai quali non ci si può spingere.

Per definire il budget corretto è necessaria la collaborazione tra chi pia­nifica il budget e i referenti della manutenzione in quanto non può essere la sola logica finanziaria a stabilire il budget, ma si deve procedere con un approccio scientifico-ingegneristico dove sono i beni a essere protagonisti.

L’approccio migliore è comprendere che sono i cespiti a richiedere il budget, cioè a “chiama­re i costi” della loro manutenzione in base alla manutenzione obbligatoria di legge, ai costi di ricambistica legati alla manutenzione preventi­va e ai costi residui per possibili guasti.

Fatto questo per tutti i vari cespiti si dovrebbe arrivare al corretto budget annuale di riferimen­to per l’azienda. Ipotizzando una formula a fini didattici per le sole spese, in assenza di investi­menti, dovrebbe essere di questo tipo:

BUDGET ANNUO = Σ CESPITI * (Σ costi Man. di Legge + Σ costi Man. Preventiva + Σ eventuali costi Guasti prevedibili).

A questo si dovrebbe poi associare il budget degli investimenti per i macchinari fuori vita utile o troppo onerosi in termini gestionali, ma questo è un altro argomento da approfondire in un’altra occasione.

In generale, quando si punta sull’integrazione di due prospettive, quella del budget degli investi­menti (alias CAPEX) e quella delle spese ope­rative (alias OPEX) si crea un punto di raccordo verso una gestione guidata dal costo totale di possesso dei beni, quindi dal loro ciclo di vita (Asset Management).

Riccardo De Biasi

Consigliere e Coordinatore Sezioni Regionali, A.I.MAN.