Risk Management

L'importanza di approfondire formazione e competenze, perché gli strumenti teorici di RISK Management ci sono e approfondire le cose non vuol dire perdere tempo, ma evitare i morti

  • Giugno 10, 2021
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Di fronte all’ultima tragedia italica, la Funivia del Mottarone, sono stato riportato di colpo a 3 anni fa, al crollo del ponte Morandi di Genova. 
E ho ripensato all’editoriale del settembre 2018 scritto con Marco Macchi e di cui riporto uno stralcio che ne ripropone l’attualità:
“La tragedia di Genova, il crollo del ponte Morandi, è l’ultima in ordine di tempo che ha colpito il sistema delle nostre infrastrutture legate al trasporto su strada e ferrovia. Non è, di certo, questo editoriale la sede corretta per fare analisi tecniche dell’accaduto; d’altronde, non si vuole neanche partecipare allo sport, ormai purtroppo diffuso in Italia, della caccia all’untore senza prima aver approfondito la ricerca delle cause e le responsabilità. Come uomini di settore, vogliamo ritornare sul concetto di “manutenzione”, parola di cui in questi giorni – e nel caso di disastri del genere – tutti si riempiono la bocca, molte volte senza sapere effettivamente cosa significa nei vari contesti interessati. Vogliamo ritornare sul concetto di “manutenzione” senza considerarlo disgiunto dalla “gestione del ciclo di vita” del bene: questa è infatti la sfida richiesta quando si deve impostare un sistema per la presa di decisioni capace di garantire il valore, tangibile e intangibile, di un’infrastruttura (omissis). In questa visione “dinamica”, assumono importanza fondamentale il monitoraggio dello stato di salute dei beni, la diagnostica che ne consegue e, ultimo ma non meno importante, la capacità e possibilità di un intervento regolato in funzione della necessaria priorità al lavoro che, in alcuni casi, richiede immediatezza, e non tempi lunghi, per evitare il danno. La determinazione delle priorità necessita, con maggior importanza, di un’attenta e puntuale valutazione dei rischi per la definizione e, quindi, nella “dinamica” di gestione, la corretta programmazione nel tempo di azioni mitigatrici, correttive e preventive. (omissis). Ritornando su un piano più generale, non è giustificabile che eventuali ritardi siano dovuti alla presenza di decisori diversi (nel caso, dal concessionario, al ministero o chi altri …): l’organizzazione e gestione dei lavori devono rispettare le esigenze del bene in sé, al di là di chi lo possegga o ne detenga la concessione, perché ciò vuol dire garantirne il valore, in termini di sicurezza e, più in generale, sostenibilità economica e ambientale.”

A questo punto cosa scrivere, se non ripetere cose già dette, se non fare riferimenti a concetti già espressi in sedi più autorevoli, se non riproporre numeri e cercare i perché.
Come per Genova non vogliamo invadere campi altrui, né dare giudizi preventivi come purtroppo è nel costume corrente. Ci limitiamo quindi a qualche considerazione.
Dalla Funivia, come da tutti gli altri incidenti/accidenti recentemente accaduti (morti sul lavoro eccetera) emerge a nostro giudizio in primo luogo una enorme carenza culturale nell’approccio ai problemi della sicurezza.

Parliamo di analisi rischi, di gestione del rischio (RISK management): ma quanti sanno veramente cosa significa, al di là degli approcci, delle indicazioni e delle soluzioni che i vari consulenti propongono? Quanti, tra coloro che hanno compiti di responsabilità, sono consapevole del fatto che affrontare queste problematiche significa limitare od evitare accadimenti come la Funivia o l’incidente sul lavoro di Prato?

Troppe volte nella vita di tutti i giorni e nelle nostre attività abbiamo bypassato il problema con la giustificazione, conscia o inconscia, che “tanto lo ho affrontato in modo automatico, quindi ne ho tenuto conto “anche se non lo so coscientemente”, oppure “perché deve accadere proprio a me”, oppure “è talmente raro che non può succedere” e così via.

Ma se io sono il responsabile (capo azienda, direttore, responsabile della manutenzione eccetera) ho il dovere di valutare tutte le possibilità di incidente, anche le più improbabili, e di mettere in atto azioni di mitigazione obbligando i sottoposti ad eseguirle. E non basta dirlo a parole. È necessaria una formalizzazione certa accompagnata da una attività di formazione a tutti i livelli.
Non si può pretendere che l’ultimo della fila si assuma responsabilità che non sono sue.
Per maggiore chiarezza si riporta uno stralcio di un articolo di Francesco Campora comparso sul sito della Fondazione Edoardo Garrone:

“Al di là e prima di qualsiasi impianto normativo, c’è sempre la scelta e la coscienza di un singolo uomo, che si tratti di manutenere un impianto, di accogliere la diversità o di dirigere un’azienda. E prima ancora c’è il progetto di una società per il proprio futuro.

I controlli servono a intercettare e correggere le devianze ma qui il problema è sistemico e richiede una grande riforma culturale, un impegno storico che, prima di occuparsi di strumenti e finanziamenti, si interroghi su come ripristinare, ispirare e coltivare una visione profondamente umanistica del nostro stare al mondo.

Se non volgiamo essere a bordo della prossima funivia sospesa nell’osceno vuoto delle nostre responsabilità umane, abbiamo un grande e importante lavoro da iniziare subito e prima di tutto nelle nostre scuole, che devono diventare spazio di eccellenza e inclusività in cui rafforzare e rinnovare continuamente i valori che vogliamo al centro della nostra vita e della nostra cittadinanza” (Fondazione Edoardo Garrone – Francesco Campora)

Processo di RISK Management

Alcuni accenni teorici doverosi per inquadrare il RISK Management.
Il processo di RISK management si articola in più fasi riconducibili al ciclo di Deming (Plan, Do, Check, Act) e, in particolare:

Comunicazioni e consultazioni: sotto–processo che deve essere implementato in ogni fase dell’analisi con i principali stakeholders e consistente nelle attività di reperimento delle informazioni necessarie all’avvio delle attività di gestione dei rischi. Sostanzialmente è necessario comprendere chi sono i principali stakeholders e soprattutto quali sono i loro interessi. La comunicazione attiene all’insieme di attività volte a trasferire le informazioni relative al processo di risk management agli attori coinvolti elevando la partecipazione aziendale al processo stesso. 

Analisi del contesto: si tratta sostanzialmente di una presa di coscienza dell’ambito nel quale si muove l’azienda (organizzazione aziendale, figure manageriali, processi, obiettivi di business, sistemi di gestione interna etc);

Identificazione dei rischi: individuazione dei potenziali rischi in relazione al contesto;

Analisi dei rischi: è la fase centrale del processo di risk management, nel quale evidenziano le vulnerabilità dell’azienda, le minacce e le probabilità che si concretizzino stimando il possibile danno atteso;

Valutazione dei rischi: valutazione del rischio stimato per poter svolgere accuratamente una analisi dei costi/benefici e prendere in considerazione le misure di mitigazione dei rischi;
RISK mitigation: si tratta di sviluppare degli interventi di mitigazione, riducendo le vulnerabilità ovvero rinunciando a determinate operazioni a elevato livello di rischio.

La fase centrale del processo, ovvero quella di analisi e valutazione dei rischi è quel sotto–processo del RISK management nel quale si valutano le vulnerabilità dell’azienda, le minacce e le probabilità che si concretizzino calcolando i possibili danni in coincidenza degli eventuali eventi dannosi attesi.
Questo momento è fondamentale per poter identificare le vulnerabilità insite nell’azienda, valutarne i livelli di rischio e il potenziale impatto sugli obiettivi di business e sugli asset aziendali e poter quindi orientare le fasi successive di risk mitigation, risk transfer, o accettazione.
Sono state individuate oltre 40 tecniche di identificazione e valutazione dei rischi. Non si pretende che si debbano avere tutte sulle punte delle dita. Ma da qui a non saperne niente ne passa.

Conclusione

Le tecniche sopra ricordate consentono approcci differenti al dover identificare, analizzare e poi ponderare i rischi, e l’incaricato a dover svolgere il processo, il RISK manager, dovrà, in relazione a obiettivi, risorse, skills a disposizione, tempistiche, struttura dell’organizzazione, scegliere quello più idoneo e più performante.
Quindi in definitiva formazione e competenze, perché gli strumenti teorici di RISK Management ci sono e approfondire le cose non vuol dire perdere tempo, ma evitare i morti. 

Bruno Sasso, Coordinatore CTS - Manutenzione & Asset Management