SIM e Manutenzione

… verso una organizzazione digitale

  • Agosto 11, 2020
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    SIM e Manutenzione

Girata la boa dell’anno 2000, il SIM (Sistema Informativo di Manutenzione) per effetto della innovazione tecnologica si è sempre più diversificato e distaccato dalla formulazione originale basata sulle norme UNI dando vita a filoni molto diversi ed egualmente interessanti.

C’è chi ha scelto di automatizzare il crescente bisogno di padroneggiare la messe di dati provenienti dalla sensoristica per rendere più efficace la manutenzione predittiva o secondo condizione, come dir si voglia. C’è chi con il supporto della realtà aumentata ha sviluppato il settore del training e dell’assistenza durante gli interventi. Chi invece si è dedicato a razionalizzare e sincronizzare i sempre più numerosi processi inerenti all’organizzazione della manutenzione e ai settori ad essa tradizionalmente integrati come la gestione dei materiali e delle imprese e, in subordine, dei magazzini e degli approvvigionamenti.

Il Coronavirus, come in molti settori, ha fatto registrare una decisa impennata nel verso di una organizzazione digitale della manutenzione, la quale inizialmente giaceva confusa nel più ampio panorama della Industria 4.0.

Si, perché se vogliamo trovare “nuovi modi per fare manutenzione nelle imprese”, come abbiamo argomentato negli scorsi numeri della nostra rubrica, dobbiamo cercare fra i processi manutentivi e nella organizzazione che essi sottendono.

Il Coronavirus non ci lascia scampo, i rapporti fra le persone si fanno più radi anche se più incisivi, e conseguentemente il manutentore è lì a fare la sua solitaria sul Nanga Parbat con una supervisione davvero minima.

Ecco che la sincronizzazione dei processi manutentivi e l’organizzazione digitale diventano il corollario indispensabile ad un Servizio di Manutenzione efficiente e tempestivo.

La traccia di questa organizzazione era già stata segnata dalla prima versione delle norme UNI sul sistema informativo di manutenzione, la cui elaborazione data ormai quasi trent’anni.

Già. Perché i meccanismi a livello di processi erano ben identificati anche allora, solo che mancava la tecnologia e l’esperienza per tradurre in una organizzazione digitale le premesse allora di natura esclusivamente organizzativa.

Da un lato, ciò comporta un ripensamento dell’organizzazione del lavoro. Considerate che negli anni ‘70-80, del secolo scorso esistevano nelle aziende primarie un centinaio di “mestieri” manutentivi, poi dal TPM in avanti si è sviluppata la figura del meccatronico, che già sembrava una rivoluzione, e poi ancora dell’ingegnere-manutentore, di cui abbiamo dato notizia tempo fa in questa rubrica.

Da un altro lato, la trasformazione avvenuta nella organizzazione del lavoro ha comportato che squadre in origine numerose di manutentori, diventassero oggigiorno squadre di uno-due addetti, supportati però da poderosi strumenti in gran parte digitalizzati.

L’esecuzione di attività di manutenzione sempre più variegate e sempre più isolate nei labirinti della fabbrica ha richiesto la messa a punto di controlli remoti, di una evoluta gestione della documentazione e di Big Data (quei filoni in cui si è sviluppata una parte del SIM), ma soprattutto una efficace sincronizzazione delle azioni manutentive. Con la sincronizzazione e il controllo remoto, è stato possibile mettere a punto processi di supervisione virtuali che, anche nelle costrizioni del distanziamento sociale in epoca di Coronavirus, hanno consentito la regolare verifica degli interventi senza nulla perdere in efficacia.

A tale proposito ci riferiamo più ai processi organizzativi che a cruscotti variamente illustrati utili forse per una certa parte del management dove è necessaria una azione di marketing manutentivo, ma scarsamente efficaci per qualificare la gestione operativa.

L’organizzazione digitale della manutenzione non può ignorare l’evoluzione del “fattore uomo”, da sistemi essenzialmente basati su comando e controllo, ancora presenti in numerose nostre industrie manifatturiere, a sistemi basati su delega, empowerment, formazione continua che comportano perfino un diverso sistema premiante delle maestranze.

Da ciò consegue l’affermarsi di una cultura manageriale che in questi mesi di confinamento e timide aperture, ha avuto numerose occasioni per accelerare il proprio processo evolutivo. Una cultura diversa che tenga in considerazione le diversità del “fattore campo”. E ciò non solo rispetto allo scorso febbraio, ma anche negli ultimi tre anni di Smart Working, o lavoro agile che dir si voglia. Una traccia la troviamo nella direttiva 3/2017 del Ministero per la PA, che definisce il lavoro agile come una “organizzazione del lavoro finalizzata a promuovere la conciliazione fra i tempi di vita e di lavoro dei dipendenti”. C’è quindi, parimenti, una evoluzione nel concetto del welfare aziendale, anche se a noi interessa soprattutto l’impatto sulla organizzazione della manutenzione.

Il lockdown, ci ha costretti ad accelerare pure sulla questione dello Smart Working, pertanto questa organizzazione digitale della manutenzione non può prescindere dalle tematiche emerse in questo ambito che coinvolgono anche la gestione degli spazi fisici a disposizione del manutentore e un modo diverso di vedere la tele-manutenzione e la reperibilità, due strumenti di flessibilità che da diverso tempo più o meno rapidamente si sono affermati nelle aziende manifatturiere.

All’interno del SIM si deve trovare la quadra di tutti questi aspetti tecnologici, organizzativi, logistici, in modo che il passaggio da una organizzazione tradizionale a una organizzazione digitale avvenga senza scossoni e con indubbi vantaggi di produttività e di efficacia.

Il nuovo contesto culturale promosso dalla digitalizzazione richiede l’adeguamento dei processi rappresentati nel SIM, e una attività di affinamento e sperimentazione di nuovi metodi/transazioni per sostenere le attività manutentive sul piano logistico e organizzativo in modo che il supporto del SIM cresca e si sviluppi con il trasformarsi della organizzazione dal tradizionale al digitale.

In altre parole, il SIM deve mantenersi coerente con l’organizzazione sottostante lungo tutto il proprio ciclo di vita. Abbiamo osservato come il ciclo di vita di un SIM si stia progressivamente allungando quindi è sempre più importante la manutenzione del SIM e l’adeguamento dei processi, tanto quanto in passato si procedeva alla sostituzione dei SIM obsoleti.

Si è passati dunque da uno sviluppo basato su pochi e discreti salti tecnologici del SIM, tipico del periodo 1970-2010, ad uno sviluppo e adeguamento continuo ai processi sottostanti.

Rimane il fatto che, come recita un vecchio adagio: “chi sa cosa cercare, trova”. Ancora una volta, quindi, è necessario che si trovino le competenze in grado di costituire un quadro culturale adatto a realizzare questa evoluzione.

Maurizio Cattaneo