Una cultura proattiva per la gestione della sicurezza

La necessità di un cambio di passo, che avverrà quando le imprese adotteranno degli strumenti di analisi con la stes­sa determinazione di un assessment finanziario o una ricerca di mercato

  • Giugno 4, 2018
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  • Una cultura proattiva per la gestione della sicurezza
    Una cultura proattiva per la gestione della sicurezza

Non serve essere esperti del settore per ca­pire che il 2018 non è iniziato nel migliore dei modi, se parliamo di sicurezza sul lavoro. Tuttavia, da persona che si occupa quotidianamen­te di sicurezza e salute negli ambienti di lavoro non intendo soffermarmi su aspetti quantitativi: questo viene già svolto dalla stampa per l’opinione pub­blica. Anche perché se analizziamo il circa 9% di aumento di infortuni mortali constatiamo che tale aumento riguarda per lo più infortuni in itinere, ovvero nel tragitto casa-lavoro, ma questo non ci dice realmente che cosa avvenga nelle nostre fab­briche.

Rimane in ogni caso un elevato numero di incidenti e conseguenze invalidanti per i lavoratori.

Vogliamo trovarci una spiegazione plausibile? Fac­ciamolo… magari verificando i dati macroeconomi­ci, tornati per fortuna ai livelli ante crisi, peccato si tratti di un ritorno a livello quantitativo e non quali­tativo. La ripresa c’è stata e e si consolida, tuttavia il quadro delle assunzioni è stato rimodulato, con forte sbilanciamento verso i contratti a termine. Questo ha certamente determinato un minore li­vello nelle condizioni di sicurezza, spesso affidate a complesse procedure burocratiche, peraltro non facilmente comprensibili.

Si sostiene, inoltre, che le leggi siano carenti: pro­babilmente qualche carenza esiste, è pur vero che quest’anno, a 10 anni dalla emanazione del Decre­to legislativo 81/08, meglio conosciuto come testo Unico sulla Sicurezza, manchino ancora una venti­na di decreti attuativi: alcuni dovrebbero sistemare aspetti di elevato rischio, come la qualifica del per­sonale in appalto, la cui mancanza genera profon­da incertezza da parte delle imprese ma anche fra i professionisti del settore.

Tuttavia chi affronta la materia ogni giorno sa che i dispositivi di legge esistenti costituiscono già una sorta di “road map” verso la sicurezza, da soli sa­rebbero sufficienti a garantire condizioni di tutela per la salute e sicurezza dei lavoratori. Basterebbe un unico accorgimento: adottarli e non aggirarli. Pertanto vediamo che anche la seconda osserva­zione non porta giustificazioni.

Mi sono fatto un’idea chiara: finchè non verrà ma­turata una cultura proattiva riguardo la gestione della sicurezza, gli infortuni potranno diminuire soltanto per effetto della mancanza di lavoro op­pure per una concomitanza di situazioni favorevoli, chiamata in gergo “fortuna”.

Vantare pochi infortuni, o per lo meno che siano stabili, non è intrinsecamente indice di condizioni sicure o salutari.

D’altro canto ad un serio professionista sono suf­ficienti pochi passi in una azienda per capire se al suo interno la sicurezza viene subìta passivamente oppure praticata.

Nel primo caso si ottempera al mero adempimen­to burocratico, ricco di colorati documenti chiamati DVR, POS, DUVRI, moduli, registri che norme e leggi impongono con la parvenza di essere al sicu­ro ma purtroppo nella routine compilativa nascon­dono criticità, quelle insidiose, nsascoste e latenti. Non intendo criticare la validità di tali strumenti, tuttavia osservare che non vengono sfruttati per le potenzialità che offrono.

Il secondo caso, invece, riserva i documenti come passaggio finale, anticipando il tutto con una atten­ta analisi dell’ambiente di lavoro, cuore dell’attività di prevenzione.

Il vero cambio di passo avverrà quando le imprese adotteranno degli strumenti di analisi, con la stes­sa determinazione di un assessment finanziario o una ricerca di mercato: guardare all’interno della propria azienda, la specificità dei processi, peculia­rità impiantistiche, e soprattutto il comportamento specifico del proprio personale, frutto anche di una determinata cultura aziendale. Bisogna innanzitut­to realmente vedere e toccare i pericoli, valutarli e successivamente essere disposti a rimettersi in discussione per debellarele variabili dannose.

Cambiare il comportamento delle persone è effet­tivamente la parte più insidiosa (Behaviour Based Safety), ma rappresenta la nuova frontiera, dove possiamo ottenere la massima efficacia. Tutto ciò al netto della sofisticata tecnologia di cui già ci dotiamo nell’impresa, ma con occhio di riguardo anche alle strutture tradizionali che ci supportano quotidianamente.

Gli articoli che seguono trattano una carrellata del­le variabili accennate e non posso che augurarVi Buona lettura e Buona meditazione.

Fabio Calzavara, Coordinatore Regionale Triveneto A.I.MAN.;Equipment Maintenance Manager & RSPP, EBARA Pumps Europe Spa