Verso una società della manutenzione: superare l’usa e getta per costruire un futuro sostenibile

Le aziende, le istituzioni e i cittadini devono lavorare insieme per costruire un sistema più equilibrato, in cui la manutenzione non sia più vista come un costo, ma come un valore. Solo così potremo garantire un futuro più sostenibile

  • Settembre 16, 2025
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  • Verso una società della manutenzione: superare l’usa e getta per costruire un futuro sostenibile
    Verso una società della manutenzione: superare l’usa e getta per costruire un futuro sostenibile

A cura di Maurizio Cattaneo, Amministratore, Global Service & Maintenance

 

Per decenni, la società dei consumi ha promosso un modello basato sulla produzione di massa, sull’usa e getta e su un’idea di progresso legata al costante rinnovamento. L’obsolescenza programmata, il consumo sfrenato e la cultura del rifiuto facile sono diventati le fondamenta di un sistema che, oggi più che mai, mostra i suoi limiti. Ma esiste un’alternativa? Sì, ed è quella che possiamo chiamare società della manutenzione. Questa visione non è solo un’utopia ambientalista, ma una necessità per garantire la sostenibilità del nostro pianeta. Come ho sottolineato nel mio libro Manutenzione, una speranza per il futuro del mondo (Franco Angeli, 2012), il destino ultimo della società dei consumi è proprio quello di trasformarsi in una società capace di prendersi cura delle cose, anziché distruggerle e sostituirle senza riflettere. 

 

L’illusione della società dell’abbondanza
I paesi occidentali, e in particolare gli Stati Uniti, hanno costruito la loro crescita economica sull’abbondanza di risorse materiali, energia a basso costo e spazi sconfinati. L’industria ha imparato ad assecondare i capricci dei consumatori, incoraggiandoli ad acquistare nuovi prodotti a un ritmo sempre più rapido. La cultura dell’usa e getta si è consolidata con il tempo, sostituendo la parsimonia e l’attenzione alla qualità che caratterizzavano le generazioni precedenti.

Già negli anni ‘70, con la crisi petrolifera e il conseguente aumento del costo delle materie prime, ci si sarebbe potuti aspettare una riflessione critica su questo modello di sviluppo. Eppure, a parte il Giappone, che seppe trasformare la crisi in un’occasione per migliorare l’efficienza produttiva, il resto del mondo industrializzato ha continuato sulla strada dello spreco. 

Anzi, i miglioramenti tecnologici e l’ottimizzazione dei costi hanno permesso di produrre beni sempre più economici e con sempre minori esigenze di manutenzione. Questo, paradossalmente, ha rafforzato l’idea che riparare fosse inutile, poiché il costo del lavoro – principale voce di spesa nella manutenzione – ha reso economicamente sconveniente riparare un oggetto anziché sostituirlo. La conseguenza è stata un’ulteriore spinta verso la cultura dell’usa e getta, con un progressivo declino della richiesta di riparazioni e il conseguente svuotamento del settore artigianale specializzato nella manutenzione. 

 

L’erosione delle competenze e il declino della manutenzione
Con il passare dei decenni, il settore della manutenzione non ha perso solo domanda, ma anche competenze. La formazione tecnica e professionale, fondamentale per tramandare il sapere della riparazione, è stata trascurata. Mentre le università hanno sviluppato percorsi accademici legati alla gestione della manutenzione industriale, negli istituti tecnici si è assistito a un progressivo impoverimento dei programmi di formazione per gli artigiani e i tecnici manutentori.

Negli Stati Uniti, questo fenomeno ha raggiunto livelli critici, al punto che Joel Leonard ha coniato il termine Maintenance Crisis per descrivere la drammatica carenza di tecnici qualificati. Il Congresso USA ha dovuto prendere atto di questa situazione e, negli ultimi anni, sono stati avviati nuovi programmi di formazione per diplomati nel settore della manutenzione. 

Anche in Italia, il declino delle competenze manutentive si è fatto sentire. Se il riciclo ha trovato spazio nelle politiche pubbliche e nelle iniziative locali – come il sistema di raccolta differenziata porta a porta introdotto in Emilia-Romagna nel 2005 – la riparazione e il riuso non hanno ricevuto la stessa attenzione. E così, mentre le discariche si riempivano di elettrodomestici, mobili e dispositivi elettronici ancora potenzialmente funzionanti, il mestiere dell’artigiano riparatore è diventato sempre più raro. 


Ripensare il valore del lavoro e della produzione
Nel 1982, Theodore Roszak scriveva che “il lavoro che produce robaccia di consumo non necessaria è sbagliato e dissipatore, così come lo è quello che si fonda su falsi bisogni o su appetiti sconvenienti”. In un mondo che continua a produrre beni con una vita utile ridotta e che incentiva il consumismo sfrenato, questa riflessione è più attuale che mai.

Il problema non è solo economico o ambientale, ma anche etico. La produzione e il consumo dovrebbero essere guidati non solo dal profitto immediato, ma anche dalla responsabilità sociale. Un sistema industriale che si basa sull’illusione dell’abbondanza infinita non può sostenersi nel lungo periodo. Per questo, la società della manutenzione non è solo un cambiamento tecnico, ma una trasformazione culturale profonda

 

Come costruire la società della manutenzione
Nonostante gli ostacoli, il passaggio dalla società dell’usa e getta a quella della manutenzione è possibile. Servono politiche pubbliche che incentivino la riparazione e la durabilità dei prodotti, anziché la loro sostituzione continua. Servono aziende che adottino un approccio più responsabile, investendo in materiali di qualità e progettando oggetti riparabili. E, soprattutto, serve una nuova mentalità nei consumatori, che devono tornare a vedere il valore nella manutenzione, nel prendersi cura di ciò che possiedono.

Negli ultimi anni, il movimento per il right to repair sta guadagnando terreno, chiedendo normative che impongano ai produttori di garantire pezzi di ricambio e manuali di riparazione accessibili a tutti. Anche il settore dell’economia circolare sta crescendo, con iniziative che promuovono il riuso e il ricondizionamento dei prodotti. 

Un altro aspetto fondamentale è la formazione. Dobbiamo investire nella preparazione di nuove generazioni di manutentori, tecnici e artigiani. Le scuole tecniche devono tornare a essere un punto di riferimento, offrendo percorsi di qualità che possano attrarre giovani talenti in un settore che, oggi più che mai, ha bisogno di nuove energie. 

 

Conclusione 
La società della manutenzione non è un’utopia, ma una necessità. Il modello dell’usa e getta ha mostrato tutti i suoi limiti, e la crisi ambientale ed economica ci impone di ripensare il nostro rapporto con gli oggetti, con il lavoro e con le risorse del pianeta. Non si tratta di tornare indietro, ma di andare avanti in modo più intelligente, riscoprendo il valore della cura, della riparazione e della durata. 

Come scriveva Nuri Bilgin già nel 1988, la mentalità dell’usa e getta è uno dei principali ostacoli a questa trasformazione, ma non è un ostacolo insuperabile. La società della manutenzione sostituirà quella post-industriale, perché non può esserci progresso senza responsabilità. È un passaggio obbligato, e sta a noi decidere se vogliamo affrontarlo con consapevolezza o continuare a inseguire un modello ormai insostenibile.

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