WCM e manutenzione nel settore del costruito

Nel mondo dell’Ambiente Costruito, il modello organizzativo più diffuso si rifà al Facility Management, tuttavia il WCM può essere una sorpresa anche se M sta per Manufacturing

  • Luglio 19, 2018
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    WCM e manutenzione nel settore del costruito

Il World Class Manufacturing o WCM, è stato portato in Italia da Richard Schonberger oltre 30 anni fa, nell’ormai lontano 1987 con il supporto di RDA (Istituto per la Ricerca e l’Intervento nella Direzione Aziendale).

Un anno prima avevamo conosciuto Schonberger con Tecniche produttive giapponesi, nove lezioni di semplicità, a cura e traduzione di RDA (1986 Franco Angeli, edizione inglese Japanese Manufacturing Techniques, 1982).

Entrambe queste pubblicazioni si rifanno al modello Toyota e ai loro epigoni, e il processo di fabbricazione (manufacturing) appare effettivamente al centro di ogni discorso.

La manutenzione nel settore del costruito, e del building nello specifico, tuttavia, trae grande giovamento dalla applicazione dei principi del WCM.

La norma ISO 9000 del 2015, diversamente dalle versioni precedenti dove si chiedeva alla manutenzione di portare in dote sostanzialmente la manutenzione preventiva, ha avviato un percorso più ambizioso che interseca gran parte dei requisiti indicati dal WCM. Secondo la ISO 9000:2015 la manutenzione deve ora tendere progressivamente a eliminare le cause delle fermate. In pratica incorpora il mantra zero fermate, zero difetti, zero infortuni, zero scorte, assai noto e diffuso da oltre 40 anni, ma mai inserito nel contesto delle ISO 9000.

La prossima scadenza del periodo transitorio per l’adeguamento, fissata nel mese di settembre 2018, dà una idea della urgenza, pena il rischio di vedere ritirata la propria certificazione.

La nuova ISO 9000 ha cercato di rendere il perimetro della norma orientato alle industrie di servizi e non specificatamente per le attività manifatturiere e industriali, ma per il settore del costruito a questo si aggiunge la novità del WCM e delle sue pratiche migliorative.

Ecco quindi che la M di Manufacturing, lungi dall’essere un limite, apre nuove prospettive di sviluppo per la manutenzione del costruito verso una progressiva eliminazione delle cause di guasto e di avaria.

L’onda lunga del degrado rispetto ai brevi transitori di guasto dei sistemi manifatturieri non è più un ostacolo per comprendere come sia rivoluzionaria l’applicazione di tali concetti sorti in ambito industriale ma che il tempo ha reso convenienti per tutti.

Persino la natura a ben vedere è attrezzata per reagire con percorsi simili al WCM, rispetto alle sollecitazioni che provengono dall’ambiente, qui più che migliorativa il termine usato è resilienza, un termine così chiaro e preciso che viene spesso utilizzato, a volte a sproposito, anche nel mondo antropico.

Il mondo della manutenzione, viceversa è molto conservatore, si riciclano spesso concetti del passato che sono presi come nuovi, e non mi riferisco solo al WCM.

Le nuove generazioni di tecnici considerano nuovi concetti come l’FMECA (1949), la manutenzione su condizione e predittiva (1972), il TPM (1984), il WCM (1987) e come questi molti altri strumenti di lavoro usati in manutenzione.

Il fatto che la moda ritorni e non passi definitivamente è anche un segno della loro utilità, però è auspicabile che di fronte ad un contesto tecnologico in continua evoluzione e mutamento, anche per strumenti e metodologie, il vecchio sia affiancato dal nuovo.

Il WCM è stato ampiamente messo alla prova nel settore Automotive, il suo areale naturale, ma può essere vantaggiosamente utilizzato oggi anche nel costruito, e in questo caso può rappresentare un importante processo di miglioramento.

Ecco che la M di Manufacturing, può essere di aiuto. Nelle fabbriche, perlomeno fra le imprese più avvedute, infatti si è smesso da tempo di fare un confronto costo/benefici, ritenendo che mirare a zero fermate, zero difetti, e parallelamente zero infortuni, sia comunque un valore che prima o poi si manifesta in tutta la sua economicità.

Ebbene ciò vale anche per il costruito. Ragion per cui imprese prestigiose che hanno importanti manufatti da mantenere in un building di media complessità utilizzano i ticket per processare le cause di guasto, oltre che rispondere ai molto numerosi fabbisogni di manutenzione gestendone correttamente le priorità.

Ne abbiamo avuto un esempio anche al recente XXVII congresso A.I.MAN., tenuto lo scorso 14 giugno ad Alba, presso la Fondazione Ferrero.

Forse non useranno tutti gli strumenti messi a punto nel WCM, i 5W+ 1H, piuttosto che i 5 perché e così via, ma anche nelle imprese dedite al Facility Management la ricerca delle cause prime, la loro rimozione o, se non si è in grado, l’attivazione di meccanismi per tenere i fenomeni sotto controllo è diventata prassi consolidata.

La manutenzione del costruito, una delle anime più complesse del Facility, sempre più spesso utilizza metodi e modelli di management mutuati dal settore industriale. Dal seminario Censis-A.I.MAN. in poi si sono spese molte parole sull’argomento (Censis-A.I.MAN., Produrre non basta! Roma, 1987), ma mai come nell’ultimo decennio il trasferimento di conoscenze fra questi settori apparentemente diversi della manutenzione è divenuto reale.

A mio parere, perché il WCM faccia definitivamente breccia nelle imprese del Facility occorre un importante adeguamento dei sistemi informativi, sinora incentrati più sulla catalogazione e sulla dimensione “monumentale” che non verso una visione dinamica della manutenzione, dove i cortocircuiti fra attività del campo e ingegneria sono quanto mai frequenti, ma ignorati da questi “monumenti” del software.

Occorre un software snello, sempre fruibile in tempo reale, con i più diversi dispositivi, ma soprattutto che permetta di tesorizzare nel database le preziose informazioni che possiedono gli uomini che operano in campo le quali, se non intercettate subito, nel volgere di qualche ora, al momento di sintetizzare la giornata trascorsa, sono già irrimediabilmente perse.

Questo tesoro informativo è la linfa che mette in moto i processi di miglioramento.

Facility Management e WCM possono andare tranquillamente “a braccetto”.

Ben vengano quindi nuove sollecitazioni dalla normativa, che i tecnici si ingegnino per trovare nuovi percorsi di miglioramento, che la manutenzione, ancora una volta, si riveli uno dei mezzi più stimolanti per ottenere importanti economie nel medio periodo.

E se pensate che il medio periodo sia troppo lungo, allora significa che non ragionate da manutentori.

 

Maurizio Cattaneo,  Amministratore di Global Service & Maintenance