Artigiani, riparazione e prevenzione attiva. Cosa hanno in comune?

Con l’avvento dell’Economia Circolare, l’esigenza di riparare gli oggetti e non gettarli fra i rifiuti assume un peso importante così come l’ammodernamento e il potenziamento dei sistemi, recuperandoli a nuova e più piacevole vita

  • Febbraio 18, 2021
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    Artigiani, riparazione e prevenzione attiva. Cosa hanno in comune?

Con l’avvento dell’Economia Circolare, l’esigenza di riparare gli oggetti e non gettarli fra i rifiuti assume un peso importante così come l’ammodernamento e il potenziamento dei sistemi, recuperandoli a nuova e più piacevole vita.

Riparazione, ammodernamento e potenziamento sono livelli crescenti di una cultura manutentiva che si integra con una buona e creativa capacità progettuale.
Affinché questo avvenga, però, dobbiamo avere a disposizione una nuova generazione di tecnici dotati di buona preparazione di base. Percorsi tradizionali come l’apprendistato o l’affiancamento, che tanto sono serviti in passato a formare artigiani e tecnici operanti sul territorio e nelle imprese industriali, non sono più sufficienti.

Parimenti, l’adozione di nuove politiche manutentive, come la Prevenzione Attiva, richiedono una formazione professionale di tutto rispetto, non sempre facile da trovare fra gli operatori. I migliori vengono avidamente contesi fra le aziende o dai clienti, altri pasticciano e arrancano seminando negli interventi una qualità medio bassa di manutenzione. Gli effetti di una insufficiente qualità sono evidenti nel limitare la longevità dei sistemi. La ridotta longevità, poi, si riflette sui predicati della Economia Circolare. Con tanto rifiuto in più.

Noi siamo per la longevità estesa.

Da diverso tempo, stiamo assistendo ad una crescente complessità tecnologica dei sistemi, che richiede cicli formativi più lunghi e continui richiami con pillole professionalizzanti. Non è sufficiente definire nuovi paradigmi come l’industria 4.0, occorre anche mettere in grado le persone di esercitare questi processi con maestria e competenza.

L’artigiano che offre i suoi servizi sul territorio, fatica a padroneggiare le nuove tecniche, e non parlo dell’artigiano digitale, figura promossa dalle confederazioni di artigiani, ma mi riferisco alla pletora di idraulici, elettricisti, meccanici carrozzieri ed elettrauto, termotecnici e così via. Si amplia il divario fra le conoscenze maturate e quelle necessarie a far fronte ai nuovi impianti e alla manutenzione dei vecchi, più o meno aggiornati e adeguati alle normative.

Una sorte simile tocca ai manutentori che operano nelle imprese, sia quelle di servizi manutentivi, sia i dipartimenti manutentivi nelle industrie, in particolare le manifatture.

Nuove tecnologie vengono in soccorso per compendiare le carenze formative. Mi riferisco ad esempio alla realtà virtuale ed aumentata. Disgiungono le competenze dell’esperto dai tecnici che realizzano materialmente l’intervento, che sia una riparazione, una migliorativa, un ammodernamento o un potenziamento dei sistemi. Con un crescendo di fabbisogni manutentivi e progettuali che si intrecciano dalla semplice riparazione al potenziamento. Ma così chi esegue l’intervento non cresce, non è abituato a pensare in modo creativo. Quel processo che porta dalla diagnosi alla soluzione del problema.

In un potenziamento, massimo livello di riciclo di un sistema, si parte da un oggetto buono come rifiuto, e si arriva ad un oggetto che vale di più e che è più performate di quello di partenza. Non si tratta di una semplice riparazione, ma di un intervento che crea dal rottame un oggetto nuovo e ancora utile per molto tempo.

In proporzione alla complessità del sistema e dell’intervento, progressivamente, si inizia con l’intervento di un singolo manutentore o al massimo di una coppia, fino a coinvolgere una squadra affiatata di manutentori “miglioramentisti”. Come si può dividere il lavoro fra progettista ed esecutore? Migliori risultati si ottengono se queste competenze sono integrate nella persona, nella coppia o nel gruppo.
La tele-conduzione dell’intervento, nonostante l’armamentario tecnologico di cui si dispone oggi, non favorisce lo sviluppo e la crescita professionale, perché l’esecutore materiale si sentirà sempre guidato dall’esperto e difficilmente agirà di sua iniziativa.

Un discorso analogo vale per lo sviluppo della Preventiva Attiva. Andando oltre alla preventiva tradizionale fatta di rilevazioni, monitoraggi e supervisioni, svolgere un ruolo attivo di prevenzione, richiede una attenzione costante agli impianti e alle loro grida.
Attenzione che mal si attaglia con un ruolo meramente esecutivo e di scarsa conoscenza sia del processo, sia dei moderni metodi manutentivi.
Ecco, quindi, che prende forma la nostra esigenza formativa. E proprio dall’esperienza dei Fab Lab possiamo apprendere il metodo di “imparare fabbricando” o “spaciugando” come ama ripetere il Presidente del Fab Lab Romagna.

Una formazione che metta assieme le lezioni frontali e la cultura manutentiva di base, indispensabili per una formazione rigorosa dei tecnici, con la passione per la riparazione e la creatività delle soluzioni tipiche di un laboratorio di stampo Montessoriano come è un Maker Space. Ossia un luogo dove il maker, il nostro moderno manutentore attento alla Economia Circolare, impara e lavora.
Ben diverso da un apprendistato, dove il tecnico in erba, osserva, talvolta esegue in sovrapposizione con l’esperto, o in altri momenti è delegato alle operazioni più vili e prive di contenuti esaltanti. Qui si tratta di compendiare la cultura tecnica con l’imprenditività creativa e passionale di un esperto in erba.
Passare da tecnico in erba ad esperto in erba è fondamentale per sviluppare quella passione per il lavoro e per la risoluzione delle problematiche incombenti, che fa crescere l’individuo sia sul piano umano e sociale, sia sul piano professionale.

Si, perché nel Maker Space, si lavora individualmente “in gruppo”, dove cioè ciascuno può sviluppare le proprie competenze individuali, contemporaneamente allo sviluppo delle istanze sociali. L’esperto in erba accrescerà le sue competenze imparando a organizzare il suo tempo e le sue conoscenze, in sinergia però con gli altri membri del gruppo.
Questo atteggiamento gli permetterà di affrontare le tematiche complesse della tecnologia moderna, con cuore più leggero e con lo slancio dell’imprenditore, piuttosto che con la liturgia del dipendente.
Ora abbiamo trovato la quadra. L’artigiano sul territorio e il manutentore in azienda sono i “manutentori-ingegneri” del futuro, non è questione di titoli, ma di atteggiamenti e di cultura professionale. Anche le complessità della Prevenzione Attiva, argomento che approfondiremo nei prossimi mesi, saranno rese fattibili da una squadra di manutentori ben formati.
Certo qui non diamo soluzioni preconfezionate, ma solo uno sguardo verso il non ancora, osservando con amore e passione le potenzialità della nostra meravigliosa professione, con tanta voglia di uscire correndo dal pantano della terra di mezzo dal quale stiamo lentamente emergendo.

Maurizio Cattaneo