La manutenzione del futuro, un centro di conoscenza formalizzata

Intervista esclusiva ad Andrea Bottazzi, Direttore Tecnico di TPER Spa

  • Novembre 16, 2015
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  • Andrea Bottazzi, Direttore Tecnico di TPER Spa
    Andrea Bottazzi, Direttore Tecnico di TPER Spa

La redazione di Manutenzione T&M ha fatto visita a TPER Spa, l'azienda pubblica di Trasporto Passeggeri dell'Emila Romagna, per incontrare Andrea Bottazzi, Direttore Tecnico della società e già Responsabile di manutenzione mezzi di ATC.

 

Ing. Bottazzi, ci può fare una breve panoramica di TPER Spa? Quando nasce, quali sono le sue competenze, quanti addetti comprende?

 

La nascita di TPER risale al febbraio 2012, in seguito alla fusione tra ATC Trasporti (Azienda Trasporti Consorziali di Bologna) e FER Trasporti

(Ferrovie Emilia-Romagna). Si è trattata di una fusione "a freddo", favorita da un'idea di trasporto tanto semplice quanto forte: integrare il trasporto ferroviario e quello automobilistico in un'unica azienda, realizzando finalmente una realtà multimodale che integrasse il sistema tariffario, le corse sostitutive per i treni, eliminasse i doppioni ecc. L'idea di fondo era fortissima, chiaramente molto complessa, perché parliamo di un'azienda che oggi fattura 250 milioni di euro, comprende circa 2700 addetti e trasporta una media di 130 milioni di passeggeri all'anno. Eppure all'inizio il progetto rischiò di fallire, dopo una perdita di 9 milioni di euro nel solo primo anno.

 

Come si è riusciti a invertire la rotta così drasticamente?

Si è scelto di concentrare gli sforzi soprattutto sul lato ricavi, superando la precedente strategia manageriale focalizzata esclusivamente sul discorso dei costi, affrontata al meglio durante la passata gestione.

Questo ha fatto sì che l'azienda compiesse un grande salto di qualità, permettendoci, nel 2013, di registrare un +7 milioni di fatturato rispetto all'anno precedente, e un +10 milioni nel 2014.

A livello pratico, questo trend è stato favorito da tutta una serie di attività di controllo e verifica. Una di queste prevede che, a turno, tutti i dipendenti dell'azienda (dal direttore generale al presidente, da un quadro a un operaio o impiegato) possano affiancare sul campo, per un tempo di circa due mesi l'anno, i verificatori titolari.

 

Questa iniziativa ha un duplice vantaggio: da una parte ci consente di disporre di una forza di controllo raddoppiata per un buon periodo di tempo e per una tipologia di lavoro purtroppo sempre più soggetta a rischi ed episodi poco piacevoli, contribuendo non poco alla riduzione dell'evasione; dall'altra favorisce la presa di coscienza a tutti i livelli delle dinamiche quotidiane, stimolando anche la socializzazione interna.

La prima di queste iniziative partì nel dicembre 2012 e si rivelò subito un successo: infatti le squadre che vengono organizzate sono costituite su base totalmente volontaria e l'adesione si attesta sempre mediamente intorno all'80%, pur non prevedendo alcuna indennità speciale. Sempre sulla lotta all'evasione, negli ultimi anni abbiamo implementato un sistema di tornelli per l'accesso agli autobus, che non inibisce l'ingresso ma riconosce chi ha pagato e chi no. Abbiamo poi inserito a bordo alcune macchine per l'acquisto del biglietto, un sistema rivelatosi estremamente efficace nel contrastare il mancato pagamento del titolo di viaggio. Da questo punto di vista l'allora ATC è stata sempre all'avanguardia, avendo già previsto questo sistema nel 2004. Prima c'era solo a Bologna, adesso si trova anche a Imola e Ferrara.

 

Nessuna azienda italiana ha prodotto un tale incremento di ricavi da traffico quanto la nostra. Ed è un incremento che potenzialmente tutte le società di trasporto potrebbero ottenere, data la grande e grossomodo uniforme diffusione del fenomeno evasione in Italia.

 

Certamente una strategia che saremmo più abituati a vedere in un'azienda privata, più che nel settore pubblico.

Il problema principale è che le aziende pubbliche non hanno mai avuto la "cultura del passeggero", essendo state abituate a guardare esclusivamente al lato costi senza focalizzarsi sull'efficienza del servizio per il bene dell'azienda. L'obiettivo di TPER è invece ottimizzare il concetto stesso di trasporto, cioé accettando anche di avere meno utenti, purché paghino tutti. Un cambio di paradigma totale rispetto alla concezione precedente, che guardava esclusivamente alla quantità dell'utenza anziché alla qualità. Da questo punto di vista sì, possiamo dire che la nostra cultura è oggi di tipo privatistico.

 

A livello di gestione invece TPER è e rimane totalmente pubblica. Il socio di maggioranza è la Regione Emilia-Romagna col 48%, quindi il Comune di Bologna col 12%, poi con percentuali inferiori i vari Comuni e Province di Reggio, Ferrara ecc. La nuova società è infatti figlia della semplice somma dei contributi dei soci delle due aziende precedenti.

 

Le vere conseguenze si sono avute più che altro a livello di gestione territoriale: mentre ATC infatti aveva sede e officina a Bologna, FER disponeva

di cinque officine ferroviarie (Bologna, Ferrara, Provincia di Mantova, Reggio e Modena), per cui aveva un vero e proprio respiro regionale.

Questa grande differenza è stata percepita soprattutto da chi, come me, veniva da ATC, e ha rappresentato il reale cambio di passo.

Tuttavia la diffusione territoriale di TPER non si ferma qui. L'azienda è anche proprietaria del 49% di SETA (Società Emiliana Trasporti Autofiloviari), che opera a Modena, Reggio e Piacenza, e del 18% di START (Società Trasporti Automobilistici Regionali) che gestisce le aree di Ravenna, Rimini, Forlì e Cesena. Queste compartecipazioni rappresentano il primo passo di un progetto più ampio, che ci consentirà di diventare un'unica azienda regionale automobilistica, non più ferroviaria. Siamo insomma in una fase di transizione continua.

 

In che cosa consiste nello specifico invece il suo ruolo? Da quanto tempo svolge quest'incarico?

Come anticipato provengo da ATC, azienda in cui lavoravo dal 1987 rivestendo diversi ruoli tra cui quello di responsabile di manutenzione mezzi e impianti. Sin dalla nascita di TPER ho avuto la responsabilità tecnica di tutta la flotta automobilistica, poi da gennaio 2014 ho integrato anche quella, tecnica, della flotta del ferroviario. Mi piace definire il mio lavoro come l'attività di "rendere disponibili i veicoli nelle condizioni che servono per l'utenza", di fatto un qualcosa che va ben oltre la manutenzione, che ovviamente non rinnego, ma che da un certo punto di vista, parlandone in senso stretto e relativamente al mio settore, ritengo abbia poco futuro (anche se bisognerà sempre continuare ad eseguirla).

 

La manutenzione deve insomma diventare un "centro di conoscenza formalizzata". Certo, svolgere attività pratiche serve e servirà sempre,

per evitare di disimparare, ma con la finalità di poterle controllare nel momento in cui le si delegano a terzi. Se non fa questo salto culturale, la manutenzione per definizione non avrà futuro. Purtroppo percepisco come manchi ancora una presa di coscienza in questo senso nel nostro ambito.

 

Continua a leggere l'intervista ad Andrea Bottazzi, Direttore Tecnico di TPER, sul numero di Novembre 2015 di Manutenzione T&M

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