La questione dei processi organizzativi

Andrea Bottazzi,Responsabile Manutenzione Automobilistica, Tper Spa

  • Gennaio 20, 2023
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  • La questione dei processi organizzativi
    La questione dei processi organizzativi

Quando parliamo di processi organizzativi, cerchiamo, in ogni modo, di darci una struttura perché abbiamo bisogno di un approccio riduzionista per poter confinare “il problema”.

Certo, arrivati al processo abbiamo già percorso tanta strada da quando ragionavamo per funzioni: meccanica, elettrica, carrozzeria.

Purtroppo, questo sforzo, che abbiamo compiuto, non basta più!

Vediamo il perché. Nel processo sono coinvolti: attori organizzativi (operatori, supervisori, clienti), macchine, organizzazione  e conoscenza; ebbene è già chiaro dalla sola elencazione che non potremo mai perimetrare il processo per una delle variabili citate, anche se sappiamo che tutte, con velocità diverse, cambiano sistematicamente.

È chiaro che la grandezza che non possiamo confinare è la conoscenza.

Quindi, il processo descritto dai manuali aziendali  ISO 9001, 14011, 45001 è una direzione, un cammino, un valore organizzativo, ma non una struttura permanente destinata a rimanere uguale a sé stessa dopo che l’abbiamo definita e supportata con i vari sistemi informativi.

Se ci fermiamo un attimo, questa certezza sarebbe vera soltanto guardando all’indietro. Torneremo tra poco sulla dimensione temporale.

Analizziamo quindi la regina, la conoscenza.

La conoscenza come sappiamo è presente: nelle persone, nei gruppi, nell’ organizzazione, nei fornitori e nella rete globale di conoscenze.

L’adeguatezza dei manager di manutenzione si gioca ora su tutti questi livelli, perché queste parti sono tutte, olisticamente, connesse le une con le altre.

Ma il concetto di olismo, così importante per noi manutentori, come si esplica nei fatti?

Questa è la domanda alla quale dobbiamo rispondere , ed è una domanda profonda e dura che in ogni caso, come tutte le domande, ci indica una direzione, un verso, non un punto da raggiungere, perché tanto non ci si arriverà mai (il punto di arrivo cambia continuamente, così come gli obiettivi di lungo periodo dell’azienda per cui lavoriamo) ma un orientamento che ha un grande pregio può essere comunicato chiaramente a tutti i collaboratori.

La risposta può apparire tragica: non c’è soluzione! Saremo sempre inadeguati, perché non potremo mai circoscrivere il problema: dobbiamo accettare un certo grado di ignoranza, personale e organizzativa.

Ci sentiamo sconfitti, abbattuti?  Sbagliato. Questa è la nostra forza, poiché se proviamo questo sentimento, cercheremo in ogni modo di colmare il gap e questa sarà le salvezza della nostra organizzazione della manutenzione, qualunque sia il business e qualunque sia la macchina da far funzionare.

Ogni corso di formazione, partenza di una nuova macchina, assunzione, confronto con altre organizzazioni deve essere vissuto come un momento di arricchimento, questo è il valore fondamentale per i nostri processi organizzativi della manutenzione.

Quando parliamo di resilienza delle organizzazioni della manutenzione, parliamo in particolare di questo. Infatti, non è la nuova macchina o il nuovo SW che generalmente ci mettono in difficoltà ma l’autofagia cognitiva.

L’autofagia cognitiva è la parte di conoscenza aziendale che perdiamo quando un nostro collaboratore capace lascia l’organizzazione (per godersi la pensione o per andare in un’altra organizzazione).

Il nostro primario scopo ogni giorno quando entriamo in ufficio, dopo aver gestito i problemi urgenti (!?), è di pensare : “come posso, oggi, aumentare la conoscenza della mia organizzazione ?”.

Dopo anni di fatica, troveremo tanti frutti perché le persone ci guardano e se siamo coerenti lo notano e si conformano, ovviamente ognuno per quanto può (competenze, motivazione non sono uguali per tutti).

Ma cosa sono queste coerenze?

Le coerenze sono sempre le solite , ma proprio per queto si capisce che sono complesse da sviluppare:

  • realizzare piani di formazione seri e pianificati sino alla singola persona;
  • definire ruoli organizzativi effimeri: capo commessa, team leader;
  • assicurare lo sviluppo professionale, delle persone, realmente basato su competenze e motivazione e non su altri fattori;
  • lasciar lavorare i talenti anche se sembra che non ci rispettino e che siano più veloci di noi;
  • essere sempre noi a prendere le secchiate d’acqua in faccia non scaricare mai in basso;
  • esserci sempre, essere vicini, essere un senso, essere competente;

Lo so, sembra impossibile! Ma il tema è che non dobbiamo essere certi di fare tutto questo, sempre bene e sempre al 100%.

Accettiamo la razionalità (esiste?) limitata: se arriviamo al 60%, la nostra gente sarà già meravigliata.

Chiudiamo con il tempo, che avevamo citato. Il futuro lo costruiamo sapendo di non poterlo definire completamente. Quindi saremo tanto bravi quanto più costruiremo , per i nostri processi manutentivi, una organizzazione resiliente che riduca l’incertezza del futuro.