Operare con poche risorse in un mercato di nicchia

Un difficile (dis)equilibrio tra costi e sicurezza

  • Aprile 24, 2014
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Il trasporto pubblico locale (TPL) si è ormai notevolmente differenziato ed ha visto l'emergere di diverse tecnologie innovative. Si tratta in genere di sistemi con caratteristiche adatte a situazioni urbane e ad utilizzi molto specifici, che coprono spazi di mercato poco appetibili ai sistemi tradizionali (tram, filobus, metro). Si va dai sistemi a fune a guida automatica (cosiddetti people mover), ai filobus con "via guidata virtuale", ai tram su gomma.

 

Queste soluzioni innovative appaiono molto promettenti. Per contro, non sono disponibili una storia tecnica ed una statistica di utilizzo sufficienti a fornire a priori garanzie di durata del sistema e di uniformità della prestazione sul lungo periodo. I dati ricavabili dalla letteratura tecnica e dagli studi accademici non sono confrontabili, per quantità e qualità, con quelli sviluppati nella storia ultra secolare dei sistemi di trasporto tradizionali (tanto su ferro quanto su gomma).

 

Come conseguenza del livello di innovazione, le procedure di validazione e qualificazione di questi nuovi sistemi da parte degli organi di controllo (Ministero dei Trasporti ed enti locali) risultano più complesse di quelle normalmente adottate per i sistemi di trasporto tradizionali. Tant'è che è lungo l'elenco di sistemi innovativi che hanno incontrato stop anche importanti lungo il percorso di validazione. L'attenzione alla sicurezza è ovviamente (e giustamente) in questi casi ancora più elevata rispetto ad ambiti più tradizionali, ove è ormai storicizzato il comportamento dei vari componenti e se ne conoscono le criticità e le modalità di guasto.

 

È possibile, quindi, una potenziale sopravvalutazione della criticità di alcuni elementi (che vengono pertanto qualificati ab origine come elementi di sicurezza). Per contro, può avvenire che la criticità di altri componenti emerga solo in seguito, durante l'esercizio, anche anni dopo l'immissione in servizio del sistema (a causa, ad esempio, del deterioramento di alcune parti o della variazione delle condizioni al contorno).

 

Gli elementi definiti "di sicurezza" divengono automaticamente, in presenza di alcune condizioni che vedremo in seguito, un significativo strumento di monopolio commerciale nelle mani del costruttore/fornitore, anche in assenza di reale privativa industriale. Pertanto non è ininfluente (in termini di costi di gestione) la definizione originaria dell'elenco di questi componenti.

 

Se il cliente è (come spesso accade) un operatore locale, con una struttura organizzativa "essenziale", dotato di risorse limitate, questi non ha strumenti per confrontarsi alla pari col fornitore o, se necessario, contrapporvisi costruttivamente. In questa trattazione si parla, ovviamente, dei casi in cui l'operatore di TPL attui una scelta di autonomia manutentiva, anziché di global (o full) service, e si accolli quindi l'onere di ottimizzare i costi di manutenzione.

 

Nell'attuale contesto, caratterizzato da difficoltà economica diffusa e con esercenti TPL (sostanzialmente equiparati alla pubblica amministrazione) soggetti a politiche di spending review, blocchi del turnover e tagli di ogni genere, il cliente/operatore potrebbe ad esempio non potersi dotare di un ufficio tecnico interno qualificato, privandosi quindi della possibilità di:

  • studiare sistematicamente le problematiche funzionali e manutentive;
  • elaborare e/o modificare disegni tecnici e schemi impiantistici;
  • attivare procedure di controllo sistematico dei fornitori;
  • investire autonomamente in ricerca per soluzioni tecniche alternative.

Né allestire un reparto di collaudo in grado di verificare con regolarità la conformità delle forniture (limitandosi quindi ad un collaudo "in opera", spesso "differito" oltre il periodo di durata della garanzia sul singolo componente). Spesso, anzi, il concetto stesso di "conformità" è di ben difficile applicazione, non disponendo della documentazione tecnica necessaria e sufficiente a definire i criteri di accettabilità.

 

A queste condizioni il cliente/operatore non può permettersi di "aggirare" il costruttore/fornitore nell'approvvigionamento dei ricambi (tanto meno per quelli "di sicurezza").

 

Esso detiene (e mantiene) il monopolio delle conoscenze tecniche sul mezzo/sistema e può porsi in posizione di netta prevalenza in occasione di contraddittori col cliente, anche in quelle aree di attività che nei sistemi tradizionali permettono invece una maggiore autonomia, anche in virtù di una buona disponibilità di norme tecniche di riferimento.

 

Sarebbero in parte differenti i rapporti con un cliente più strutturato, magari di scala nazionale o almeno metropolitana, con una solida tradizione tecnica e settori aziendali specificamente dedicati alle attività di studio e controllo.

 

Le ridotte dimensioni del mercato coperto da queste tecnologie, la sua frammentazione (poche applicazioni, distribuite su un ampio territorio - almeno nazionale, ma spesso addirittura "globale") e la bassa numerosità (poche linee di trasporto servite dal singolo operatore e di conseguenza pochi mezzi utilizzati) rendono molto poco appetibile la competizione sulla ricambistica specifica, connessa o meno alla sicurezza, ed il cliente non è in grado di porsi con sufficiente "massa critica" nei confronti dei fornitori per ottenere prezzi concorrenziali. Spesso si riesce ad individuare fornitori alternativi esclusivamente sul mercato locale, esercitando un minimo di potere contrattuale solo su:

  • Minuteria e componentistica standard/equivalente
  • Articoli specifici ad elevato consumo e bassa tecnologia (purché non rivestano funzioni - quantomeno dirette - di sicurezza)
  • Riparazioni e revisioni di componenti non critici (es. carrozzeria)

In un contesto quale quello descritto, quindi, è difficile usufruire (se non in minima parte) della concorrenza tipica del mercato dei ricambi "equivalenti", diffuso e consolidato invece nei contesti più tradizionali (soprattutto per il trasporto su gomma). L'utilizzo di ricambistica equivalente, tra l'altro, pone comunque sempre il cliente in una condizione di "contrapposizione" commerciale col fornitore del sistema, che ha ovviamente legittimo interesse a mantenere l'esclusività della fornitura. In contesti tradizionali tale criticità si esaurisce, in parte, una volta superato il periodo di garanzia ed archiviati eventuali contenziosi tecnici. Nel caso di sistemi di trasporto innovativi è invece frequentemente necessario mantenere rapporti molto più stretti e duraturi col fornitore, in considerazione della continua evoluzione e messa a punto del sistema e dei potenziali (o già in essere) problemi tecnici di (relativa) gioventù. L'utilizzo di ricambi non originali potrebbe quindi costituire elemento di "disturbo" nell'individuazione di competenze e responsabilità.

 

A queste condizioni, è evidente il significato del (dis)equilibrio citato nel titolo. Il mantenimento di condizioni di sicurezza?

 

...in condizioni di crisi economica e forte limitazione delle risorse,

 

...in un mercato molto ristretto e sostanzialmente monopolistico, ove è necessario mantenere rapporti continui col costruttore,

 

...in assenza di una robusta struttura tecnica interna di supporto,

 

fa pendere significativamente il piatto della bilancia verso un aumento poco controllabile dei costi di approvvigionamento dei ricambi di manutenzione.

 

Le leve che rimangono a disposizione dell'esercente sono quindi quelle dell'ottimizzazione del processo manutentivo, purché le originarie ipotesi di manutenibilità del sistema (privo di una reale base storica in merito ad usure e valori di affidabilità) non vengano pesantemente smentite. Tale aspetto è tutt'altro che secondario, se si considera la possibilità che emergano criticità inattese, che costringano ad anticipare o modificare sostanzialmente le scadenze manutentive e ad affrontare impegni di spesa repentini, non prorogabili né tantomeno eludibili.

 

Di quali strumenti si dispone per mitigare gli effetti della coraggiosa avventura dell'innovazione?

 

Innanzitutto partire col piede giusto fissando, in modo chiaro e non diversamente interpretabile, dei vincoli a capitolato su:

  • fornitura della documentazione tecnica "costruttiva" ed accesso alla documentazione probatoria e di validazione (anche interna) dei componenti e degli impianti
  • impegni sui costi di manutenzione e clausole sulla partecipazione del fornitore a eventuali maggiori costi derivanti da variazioni significative delle attività manutentive. Su tale aspetto è opportuno adottare criteri che abbiano una applicabilità più semplice rispetto ai seppur fascinosi parametri RAM
  • clausole, in fideiussioni e garanzie, che contemplino anche nel medio-lungo periodo l'emergere di problematiche non prevedibili, scostamenti importanti dai livelli delle prestazioni o dei costi di manutenzione (per tutelarsi dall'eventuale venir meno agli impegni di cui al punto precedente).

Instaurare col fornitore (eventualmente anche formalizzandolo) un patto di partnership, che porti alla condivisione, per quanto possibile "alla pari", delle conoscenze tecniche e che aiuti lo sviluppo e miglioramento del sistema. Il cliente non si metterà certo a far concorrenza al costruttore in ambito produttivo ed un buon risultato sia tecnico sia economico nella gestione del sistema potranno essere un ottimo biglietto da visita per l'espansione sul mercato.

 

In assenza delle condizioni di cui sopra, potrebbe essere necessario

  • concentrare le limitate risorse su attività direttamente o indirettamente correlate alla sicurezza dell'esercizio, magari a scapito dell'estetica e del comfort
  • attuare politiche di sostituzione on condition, riducendo al massimo il margine di usura (o utilizzabilità) residuo
  • prevedere un significativo budget "di sicurezza" per la gestione degli "imprevisti"

? o arrendersi al Global Service.

 

 

 

Alberto Cavallini,

Responsabile struttura tecnica per la manutenzione rotabili e infastrutture di linea, APS Holding Spa

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