RCM e TPM, strategia necessaria per la Smart Manufacturing

Il percorso effettuato in Innova Group nel promuovere un sistema di gestione della manutenzione orientato al miglioramento continuo

  • Gennaio 11, 2019
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  • 1. Caricatore, 2. Casemaker, 3. Piegatrice, 4. Legatrice, 5. Palettizzatore, 6. Reggiatrice, 7. Ralla
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Introduzione

Sono oramai trascorsi due anni da quando è stato presentato l’atteso piano del governo per l’Industria 4.0. Il piano prevedeva ingenti investimenti con lo scopo ultimo di favorire e incentivare le imprese italiane ad adeguarsi e aderire pienamente alla quarta rivoluzione industriale promossa, inizialmente, dalla Germania, e diffusasi presto in molte altre nazioni nel mondo, con programmi e iniziative incentrate sulla digitalizzazione del comparto produttivo.

Il processo di trasformazione, identificato con varie denominazioni – Industria 4.0 è una denominazione che si affianca ad altre, come Smart Manufacturing e Advanced Manufacturing –, promuove lo sviluppo della digitalizzazione dei processi industriali grazie alla maturità raggiuntada diverse tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e dai sistemi di automazione che permettono di raggiungere altissime prestazioni in termini di efficienza produttiva nel mondo del manufacturing.

Proprio durante questi due anni di iniziale sviluppo ho avuto l’opportunità di approfondire questi tempi frequentando il Master Executive in Gestione degli Asset Industriali e della Manutenzione (MeGMI Ed. XII). La domanda che emergeva, pensando alla realtà lavorativa in cui mi trovo, era la seguente:

“Come può un’azienda manufatturiera italiana affrontare in modo concreto e a 360 gradi questa rivoluzione che sta accadendo proprio in questo tempo storico? E come può un’impresa, dal punto di vista della Manutenzione, percorrere una strategia adeguata ad iniziare questo processo di trasformazione digitale?”.

Al termine del mio percorso formativo al MeGMI ho presentato un project work con lo scopo di illustrare i passi fatti da Innova Group, azienda operante nel settore della Carta, per promuovere un sistema di gestione della Manutenzione orientato al miglioramento, alla prevenzione sul proprio parco impiantistico e al coinvolgimento delle proprie risorse umane. In particolare, la metodologia adottata nello stabilimento di Innova Group di Torbole Casaglia è fondata su un sistema ibrido di ingegnerizzazione della manutenzione che mette insieme criteri e tecniche della RCM (Reliability Centered Maintenance, in italiano Manutenzione Centrata sull’Affidabilità) ponendosi come obiettivo il raggiungimento della massima efficienza dagli impianti puntando sull’affidabilità dei processi e sull’eliminazione dei loro fermi, e criteri e tecniche della TPM (Total Productive Maintenance) con l’obiettivo del miglioramento continuo delle procedure operative per incrementare la disponibilità.

Come seguito di quanto fatto, con l’obiettivo di standardizzare il lavoro svolto, l’azienda sta ora implementando un CMMS (Computerized Maintenance Management System) che semplifichi e razionalizzi i flussi informativi legati alla manutenzione.

Qui si avvia il processo di digitalizzazione della manutenzione, ma – come discuterò in questo contributo – non prima di aver standardizzato la Manutenzione con un approccio ingegneristico, condiviso con gli operatori di fabbrica.

RCM, come metodologia fondante per l’ingegnerizzazione della manutenzione

La RCM fa affidamento alla FMECA (Failure Mode Effects and Criticality Analysis), uno strumento di analisi che permette di individuare tra i diversi asset quelli più critici che portano a guasti frequenti e rilevanti in termini di durata ed effetto del fermo macchina. Lo scopo di questa procedura è quello di analizzare come una macchina si deteriora identificando le cause e i modi di guasto critici, e di identificare e implementare azioni migliorative. Per raggiungere questi obiettivi sono stati utilizzati anche strumenti di problem solving (analisi di Pareto per identificare le cause principali) e di brainstorming (diagramma di Ishikawa per l’analisi delle cause e degli effetti), coinvolgendo un team dedicato composto dai responsabili di produzione e di manutenzione, dai capomacchina e dagli operatori. Sono stati svolti i seguenti step che hanno portato a definire un piano di manutenzione preventiva.

1. Step: mappatura e scomposizione della linea in macrogruppi funzionali per il processo produttivo fino a definire i sottolivelli degli item principali, sostanzialmente oggetti fisici dell’impianto con una funzione più circoscritta rispetto alla funzione del macrogruppo.

2. Step: raccolta dati per determinare la frequenza di accadimento di un guasto e lo stato di vita degli asset. È stata predisposta una scheda per intervistare il capomacchina e gli operatori di linea (analisi sul campo) contenente le seguenti domande:

  • In quale punto del processo si è riscontrato o si può riscontrare un guasto o un’inefficienza alla linea produttiva?
  • Cosa può andare storto in tale sezione della linea?
  • Da cosa è causato?
  • Un suggerimento come azione correttiva?
  • Ogni quanto si potrebbe fare?

La scheda ha permesso di capitalizzare la conoscenza ed esperienza del personale di fabbrica, come fondamento per lo sviluppo dell’analisi.

3. Step: svolgimento di una prima elaborazione ed analisi di criticità degli asset e delle componenti più soggette a guasto mediante la procedura FMECA.

  • Si sono analizzati i guasti principali mediante il diagramma di Pareto: come esito si trovano gli equipment che hanno subito l’80% del totale dei fermi linea.
  • Si è proceduto attraverso l’analisi dei singoli guasti (utilizzando il diagramma di Ishikawa) per identificare le possibili cause che hanno generato il fermo. Si identifica, ad esempio, la natura delle possibili cause che hanno portato al malfunzionamento dell’equipment “pozzetto”. Ogni causa viene sviscerata attraverso il metodo dei 5 Perchè, arrivando ad identificare le ulteriori cause che hanno provocato l’inefficienza.
  • È stata infine definita la criticità del guasto attraverso l’attribuzione di un valore di RPN (Risk Priority Number).

4. Step: pianificazione di un primo piano di manutenzione preventiva mediante foglio Excel con lo scopo di aumentare la disponibilità della linea produttiva e ridurre la durata e la gravità degli eventi di guasto che hanno ottenuto RPN elevato.

Ciascuna attività è stata programmata attraverso il diagramma di Gantt con una frequenza stabilita dal team. Nel processo descritto come in figura, un team ha il compito di revisionare periodicamente tutta la procedura in funzione dei nuovi accadimenti di guasto.

Come commento generale, vale la pena sottolineare che già nella sua impostazione, la metodologia RCM è stata sviluppata con un approccio ibrido, giovandosi di una serie di strumenti e criteri tipici del TPM (Pareto, Ishikawa e 5 Perché). Inoltre, la RCM è servita come una sorta di “dorsale” fondante per l’ingegnerizzazione, sulla quale innestare una serie di analisi (con relative tecniche) e il coinvolgimento prezioso degli operatori sul campo.

Infine, avendo impostato la logica di revisione del piano, e facendo fulcro sulla metodologia FMECA, è stato possibile iniziare un primo step per approfondire, da un punto di vista teorico, la cosiddetta Condition Based Maintenance (CBM), possibile tipologia di manutenzione preventiva ad alto valore aggiunto perché consente una diagnosi precoce dei guasti e quindi la prevenzione di fermate e danni indiretti non previsti. TPM, come metodologia fondante per il coinvolgimento degli operatori TPM è un programma finalizzato ad aumentare l’efficienza e la disponibilità degli impianti attraverso l’introduzione di un sistema di miglioramento continuo basato sul coinvolgimento delle persone. Per raggiungere l’obiettivo di migliorare in maniera continua la gestione della Manutenzione, ho iniziato a coinvolgere direttamente gli operatori e il capomacchina in tutto ciò che riguarda la manutenzione della linea a cui loro sono dedicati.

 

Di seguito sono commentate le principali scelte, fatte a misura del processo produttivo studiato e dell’organizzazione in fabbrica. Tra queste si possono riconoscere anche alcune scelte pratiche per la gestione operativa della manutenzione.

a. Miglioramento continuo attraverso l’analisi dei piccoli guasti o fermi macchina che accadevano quotidianamente attraverso il diagramma di Ishikawa. Dopo averlo spiegato agli operatori e fisicamente appeso in reparto, all’occorrenza del guasto si compilava insieme lo schema con dei post-it sui quali erano riportate le cause, per arrivare ad identificare più facilmente le azioni correttive da intraprendere.

b. Manutenzione autonoma nata dal brainstorming con gli operatori con i quali si è deciso di standardizzare delle azioni correttive di miglioramento emerse dall’analisi dei guasti. Queste attività, definite standard works, eseguite con una certa frequenza hanno lo scopo di mantenere la macchina al massimo delle sue prestazioni di efficienza. Gli standard works prevedono attività di pulizia mirata di componenti critici che possono provocare un fermo impianto, lubrificazione di alberi o ingrassaggio di cuscinetti, tensionamento di catene, controlli visivi, ecc. Queste procedure si trovano ora nel reparto produttivo: esse descrivono in modo semplice e attraverso immagini le operazioni da svolgere, e riportano inoltre la frequenza e l’operatore responsabile dell’esecuzione delle stesse.

c. Tasks da assegnare agli operatori mediante una scheda di manutenzione cartacea che riporta le attività previste dagli standard works in determinate settimane come da programma preventivo. La scheda permette di riportare un feedback al responsabile di Manutenzione e di sentirsi partecipi e responsabili del progetto di miglioramento della manutenzione.

d. Visual Management in reparto produttivo che consente il monitoraggio delle azioni completate e quelle programmate nelle settimane successive mediante rispettivamente calamite verdi e rosse.

Il risultato principale di questa prima fase di lavoro è stato l’introduzione di un nuovo modo di lavorare, mettendo al centro le persone che lavorano nella linea produttiva e incentivando la comunicazione e la trasmissione delle informazioni.

Il CMMS, come primo passo verso la digitalizzazione della manutenzione

Oltre all’analisi ingegneristica e quindi la definizione del piano di manutenzione, era necessario standardizzare il flusso informativo nel sistema di gestione. Per questo, si è optato, d’accordo con la proprietà, per l’introduzione di un sistema informativo di manutenzione, un CMMS adeguato e funzionale alle esigenze dell’azienda.

Il CMMS è, in generale, un software utilizzato per la gestione di tutte le attività di programmazione, coordinamento, registrazione e consuntivazione degli interventi di manutenzione. È uno strumento per:

  • Pianificare le attività di manutenzione preventiva
  • Monitorare lo stato di vita degli asset
  • Aumentare l’affidabilità degli asset analizzando i dati raccolti e promuovendo azioni migliorative
  • Ottimizzare le risorse tecniche ed umane per la manutenzione
  • Controllare i costi di manutenzione (parti di ricambio, manodopera interna e outsourcing)
  • Ottimizzare la gestione degli stock dei pezzi di ricambio al fine di ridurre il valore della scorta

Il CMMS affiancherà, tra i sistemi di fabbrica, il MES (Manufacturing Execution System), un tassello altrettanto importante per la digitalizzazione dei processi di fabbrica. L’installazione del CMMS sarà fondamentale in quanto permetterà il primo step per avviare il processo di trasformazione digitale della manutenzione, rappresentando una tecnologia funzionale ad una corretta programmazione e controllo degli interventi preventivi ciclici. Ciò nondimeno, l’ingegnerizzazione fondata con la logica ibrida di RCM e TPM, presentata in questo contributo, è stato un passo necessario, che ritengo indispensabile per poter realmente governare in futuro le opportunità nascenti dalla digitalizzazione e quindi dalla Manutenzione nel quadro dell’Industria 4.0.

 

Rosalia Sciortino Lean Operations Engineer, Innova Group Spa