Manutenzione e siccità

Nell’affrontare la crescente crisi idrica, le pratiche di manutenzione hanno il potenziale per diventare uno strumento centrale di risoluzione, permettendo una riduzione delle perdite, e un’ottimizzazione del mantenimento di acquedotti e impianti

  • Marzo 13, 2023
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  • L’acqua, l’oro blu, la preziosa acqua potabile, gettata nei pozzi senza fondo della distribuzione e infine buttata a mare senza criterio
    L’acqua, l’oro blu, la preziosa acqua potabile, gettata nei pozzi senza fondo della distribuzione e infine buttata a mare senza criterio

Siamo subissati di informazioni allarmanti riguardo la persistente siccità che non risparmia nemmeno i mesi invernali. Il rendimento degli acquedotti con l’auspicabile e conseguente drastica riduzione delle perdite richiama un annoso problema di manutenzione.

Lo scorso mese di febbraio ho festeggiato i miei primi 40 anni ininterrotti di associazione in A.I.MAN. Inevitabile il ricorso alla memoria per ricordare quante cose sono state già dette sull’argomento e poi poco o nulla realizzate.

Una di queste è certamente la Manutenzione degli acquedotti.

Correva l’anno 1987, a Roma si svolge un convegno organizzato da A.I.MAN e Censis. Il titolo è emblematico:  ‘Produrre non basta!’, con tanto di punto esclamativo.

È l’occasione per affermare una centralità della Manutenzione, che specie nel manifatturiero, è stata per troppo tempo una penisola della Produzione. Per la prima volta in Italia si esplora la dimensione sociologica della manutenzione, il suo significato in termini di lavoro, di forza lavoro manutentiva, di impegno per il mantenimento in efficienza del patrimonio impiantistico e, perché no, affinché sia valorizzato nel tempo.

Fra i tanti argomenti trattati, in risalto, c’era la manutenzione degli acquedotti. Con una pattuglia di tecnici che ci spiegavano che in Italia le perdite della distribuzione superavano il 50% e che l’Acquedotto Pugliese, uno dei più grandi, era anche uno dei peggiori con perdite che raggiungevano il 70%.

Anche in questo sistema, produrre, ossia estrarre l’acqua dalle sorgenti o dai pozzi, non era sufficiente, se poi per indirizzarla verso gli utilizzatori veniva in buona parte sprecata da un sistema di condotte e di dispositivi di sollevamento poco mantenuti se non proprio trascurati dagli esercenti.

Noi di A.I.MAN ci sentivamo sommersi da queste affermazioni e preoccupati per le sorti del nostro bel paese.

L’acqua, l’oro blu, la preziosa acqua potabile, gettata nei pozzi senza fondo della distribuzione e infine buttata a mare senza criterio.

I miei 25 lettori penseranno che oggi, passati oltre 35 anni, la situazione sia ben diversa da allora. Purtroppo, non è così.

La percentuale dell’acqua che viene persa nei capoluoghi di provincia italiani durante la distribuzione era del 37,3% nel 2018 ed è scesa al 36,2% nel 2021 (ultimo dato disponibile ISTAT). E la situazione in alcune regioni è ancora peggiore dato che le perdite arrivano a sfiorare l’80%.

I 2,4 miliardi di metri cubi erogati nelle reti dei capoluoghi italiani rappresentano circa un terzo dei volumi distribuiti sul territorio nazionale (ISTAT). Con una media agli utenti finali di 236 litri per abitante giorno (dei 370 erogati - 134 persi = 236) e una forte disparità fra le province, si va da oltre 300 litri nel Nord Italia a meno di 150 litri prevalentemente nel Sud e nelle Isole. Quantità ridotte anche per effetto dei razionamenti.

La perdita media nelle reti è di 41 metri cubi giorno per chilometro di rete.

La ragione delle perdite? Soffriamo per gravi problemi di manutenzione.

Eppure, i nostri antenati romani furono i costruttori delle più grandi opere idrauliche dell’antichità. Ereditarono la passione per gli acquedotti dai Greci e con essa la cultura della manutenzione operata con la sorveglianza di ‘squadre per la polizia delle acque’, presenti nella Costituzione degli Ateniesi di Aristotele.

Le necessità di mantenimento degli acquedotti stimolarono l’introduzione delle prime forme di manutenzione preventiva (c’erano pozzetti di ispezione, procedure di pulizia e drenaggio, interventi sugli impianti di sollevamento, eccetera). E questo dal 311 a.C. quando ci fu l’inaugurazione del primo acquedotto romano. Ne seguirono molti altri, tanto che Roma fu la prima città al mondo ad avere l’ acqua distribuita nelle case private (M. Cattaneo, Manutenzione, una speranza per il futuro del mondo, Franco Angeli, 2012).

I primi acquedotti moderni risalgono all’inizio del secolo scorso ed hanno mostrato fin dall’inizio una scarsa sensibilità alle problematiche manutentive. Al punto che oggi nonostante gli ingenti investimenti, la tele-manutenzione, l’adozione di sistemi di supervisione della rete, e molte altre diavolerie elettroniche, il livello  delle perdite rimane alto soprattutto negli acquedotti del Sud. Il Sud negli ultimi 40-50 anni è stato oggetto di ingenti investimenti come le opere finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno, e i recentissimi investimenti nelle infrastrutture dell’Acquedotto Pugliese. Tuttavia, il livello delle perdite e dello spreco rimane alto.

Alle opere di captazione e distribuzione sono poi associati con sempre maggiore frequenza anche impianti fognari e di depurazione che aggiungono complessità e ulteriori fabbisogni manutentivi a un sistema che già vede nella manutenzione una delle problematiche più frequenti e disattese.

A questa situazione critica si aggiunge il dato positivo degli ultimi anni dove i cittadini sono riusciti a ridurre di circa il 15% i consumi di acqua (ISTAT), tendenza che si è accentuata dopo il periodo del Covid.

Rimangono però ben 11 capoluoghi di provincia su 109 dove sono adottate misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua, specie in estate e nei luoghi turistici, causando gravi disagi ai cittadini che sono privati del servizio proprio nei periodi di maggior bisogno (ISTAT).

Eppure, riducendo le perdite nella distribuzione al di sotto del 10%, con l’acqua risparmiata si  riuscirebbero a soddisfare le esigenze idriche di 10 milioni di cittadini.

Invece la catastrofe climatica e la crescente urbanizzazione sono causa sempre più frequente di crisi nella domanda idrica. Fenomeni che uniti alla siccità e alle perdite sistematiche nella distribuzione rendono sempre più vulnerabile il ciclo dell’acqua.

La Manutenzione, anche in questo settore, se ben organizzata e dotata di mezzi adeguati potrebbe dare una risposta ai molteplici interrogativi sull’incerto futuro dell’acqua. Gli sconvolgimenti del clima complicano i cambiamenti in positivo, con una buona Manutenzione, invece, possiamo rendere più resiliente il ciclo dell’acqua e l’accesso alle risorse idriche per i nostri concittadini.

Il 22 marzo, a partire dalla conferenza di Rio del 1992 ricorre la giornata mondiale dell’acqua, quest’anno al trentunesimo anniversario. In occasione di questa ricorrenza, rivolgiamo un pensiero a questo bene prezioso per tutta l’umanità.


Maurizio Cattaneo,
Amministratore, Global Service & Maintenance