Telemetria e manutenzione 4.0

Il punto sulle attrezzature di igiene ambientale

  • Marzo 12, 2018
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  • Le attrezzature per i servizi di raccolta dell’igiene ambientale rappresentano un caso emblematico di vere e proprie “macchine” attrezzate con sensori che forniscono parametri tradizionalmente usati per la corretta gestione dei cicli
    Le attrezzature per i servizi di raccolta dell’igiene ambientale rappresentano un caso emblematico di vere e proprie “macchine” attrezzate con sensori che forniscono parametri tradizionalmente usati per la corretta gestione dei cicli
  • Telemetria e manutenzione 4.0
    Telemetria e manutenzione 4.0

Il mondo dell’igiene ambientale, come ormai noto a chi legge queste pagine, è caratteriz­zato dalla presenza di asset complessi dal pun­to di vista della manutenzione, formati da una parte telaistica relativamente standard sulla quale sono montate attrezzature che devono rispondere a precisi standard di sicurezza.

Questi ultimi sono dettati fra, gli altri dispositivi, dalla Direttiva Macchine (2006/42/CE) e dalla norma UNI EN 1501 nelle sue diverse declinazio­ni. In tale scenario appare chiaro come le com­petenze specifiche siano rare a trovarsi, trattan­dosi di un mercato di nicchia rispetto a quello automotive: l’industria del settore è ben attenta a non disperdere le professionalità richieste. In Ita­lia l’offerta appare particolarmente frammentata, con molti costruttori di carattere semi-artigiana­le, a fronte di una situazione che in altri Paesi europei trova produttori di maggiori dimensioni.

Si tratta peraltro di uno scenario in rapida evo­luzione anche in conseguenza delle accresciute sensibilità ambientali e dell’approccio improntato all’economia circolare; il tutto si traduce in mag­giori gradi di specializzazione delle attrezzature. E grandi spazi si aprono all’innovazione.

Ma ci siamo veramente?

Il paradigma “Internet delle cose” appare interes­sante in primis per esercizio, stante la necessità di rendicontare i giri di raccolta e le attività gene­rate dalle singole utenze, in vista di una tariffa­zione puntuale dei servizi.

Anche la manutenzione può giocare le sue carte: la telemetria, diffusa per altri veicoli di interesse pubblico come quelli per il trasporto persone o per la distribuzione capillare delle merci, qui fati­ca a trovare la sua dimensione, per la maggiore complessità intrinseca degli asset. Eppure, pro­prio per i motivi di cui sopra, operare in maniera “connessa” sarebbe auspicabile.

Molti produttori di sistemi telematici affermano di essere già pronti e di vantare casi applicati­vi, tuttavia la realtà quotidiana non presenta, ad anni dalla proposizione delle prime soluzioni, un’ampia diffusione delle tecnologie telematiche. Fra di esse l’utilizzo di sistemi GPS per la certi­ficazione dei servizi, sovente associata all’uso di mappe GIS, ha in alcuni casi aiutato a mettere a punto soluzioni basate su piattaforme standard quali InfoPMS Voyager su Sateltrak-GET Italia o Datamove Siunet su Viasat, entrambe estese alla manutenzione.

La tecnologia evidentemente è più che matura, perché i costi dei device “elementari” quali mo­dem GPRS e sistemi di posizionamento satelli­tare hanno beneficiato delle vere e proprie rivo­luzioni che hanno investito il mercato consumer. Basti pensare che solo 15 anni fa appariva nor­male l’utilizzo separato di ricevitori GPS (solo il sistema made in USA era disponibile in Europa) e di telefonini industriali, entrambi con le loro antenne, da connettere e gestire mediante microcomputer.

Oggi oggetti complessi di questo tipo sono integrati nei chip presenti nei nostri smartphone, che di­spongono altresì di HMI programmabili su siste­mi operativi dedicati, a costi inferiori rispetto a quelli dei singoli elementi a suo tempo utiliz­zati. La tecnologia applicata, meno: i sistemi di automazione industriale e quelli automoti­ve devono trovare nell’igiene ambientale una non facile coesistenza ed è per questo che sono poche le soluzioni effettivamente col­laudate, nonostante un’apparente grande of­ferta di “scatole nere” proposte per fare tutto, ma che richiedono ogni volta costosi progetti di adeguamento.

Se per i singoli sottosistemi è auspicabilmente superato il periodo della costruzione in pro­prio, nell’integrazione dei sistemi il campo della ricerca applicata è ancora aperto, soprattutto verso un’auspicata standardiz­zazione in accordo con il modello RAMI (“Reference Architecture Model for Industrie”) 4.0 che pur rivestendo un ruolo essenziale al momento non consentono l’interoperabilità fra i siste­mi.

Il collo di bottiglia: i costi per le comunicazioni

Un discreto successo le tecnologie telematiche lo hanno invero avuto nel campo delle flotte di veicoli/attrezzature in noleg­gio/leasing, per le quali il controllo da remoto dello stato delle “proprie” macchine è pressoché obbligatorio da parte dei noleggiatori in quanto par­te del loro core business, ma anche questo è un mercato in continua evo­luzione, per cui una soluzione standard ancora non è definita.Va peraltro sottolineato come la trasmissione di grandi quantità di dati non sia a costo zero: si tratta di un vincolo non da poco perché se i grandi gruppi, capaci in teoria di sostenere elevati canoni quadrisettimanali, presentano comun­que forti vincoli nei processi di procurement, le piccole società di servizi, magari rappresentate da cooperative di lavoro, non possono permettersi spese di questo tipo.

Per implementare una reale “manutenzione 4.0” occorre dunque partire dalla raccolta, trasmissione e analisi di pochi dati, scelti con oculatezza ed effettivamente utili a fotografare lo stato delle attrezzature, in aggiunta ovviamente ai normali contatori associati alle scadenze di manutenzione (chilometri percorsi, ore PTO, ore motore…).

Le attrezzature per i servizi di raccolta dell’igiene ambientale rappresen­tano un caso emblematico di vere e proprie “macchine” attrezzate con sensori (flussimetri, proximity, contatori) che forniscono parametri tradi­zionalmente usati per la corretta gestione dei cicli riferiti a voltabidoni, pale di compattazione, sicurezze durante l’uso. Tali dati originano e vengono però tradizionalmente utilizza­ti all’interno del veicolo, al più per costruire pannelli di dia­gnostica, ma possono essere convenientemente trasmessi in remoto in data-logger dai qua­li estrarre contenuti informativi destinati alla diagnosi di compor­tamenti anomali ripetuti nel tempo e, man mano che la base dati si popola, implementare algoritmi di prognostica.

La strada è tracciata

La risposta al problema di come rendere effettivamente fruibile una tecnologia oggi matura c’è, e si trova nelle esperienze con­crete: costruttori di fascia alta, ossia che puntano alla qualità del prodotto (e dunque ad una significativa vita utile delle attrezza­ture) si stanno attrezzando per connettere i propri veicoli correlando tale maggior gra­do di innovazione con canoni di assistenza che assicurino una ragionevole e sostenibile ripartizione dei costi fra proprietari/utilizzatori e costruttori. La necessità di certificare i servizi svolti per impostare criteri di tariffazione puntua­le sta aiutando in questo senso.

Ancora una volta il mondo della manutenzione è quello in grado di fare la differenza, decretan­do il successo di quei veicoli attrezzati in grado di rispondere non solo alle esigenze immediate del cliente così come enunciate nei capitolati di gara o nei contratti di acquisto (la presenza di aziende private non è trascurabile), ma anche a quelle dei costruttori stessi, capaci di impostare politiche di assistenza efficaci ed economica­mente sostenibili.

Si parte da pochi dati, da basse frequenze di aggiornamento, per la trasmissione dei citati contatori, di qualche allarme generato a bordo e da quei segnali che solo un costruttore re­almente orientato al confronto continuo con i propri clienti è in grado di conoscere, ricono­scere ed elaborare.

La strada per la manutenzione predittiva passa da questi apparentemente semplici adeguamenti.

 

Alessandro Sasso Presidente ManTra, Associazione Manutenzione Trasporti